30 ottobre 2008

piccolo pensiero stropicciato

...e il suono dell'armonica accompagna questo vento caldo che incarta una danza di parole stropicciate stese al sole ad asciugare

26 ottobre 2008

impegnando un sogno

Ho impegnato un sogno. Quando sono stata a impegnarlo, ho chiesto al signore che ritira i sogni di averne estrema cura. Sapete, fino a ora me ne sono occupata io, lo custodivo tra promesse di cristallo e fiocchi di zucchero filato, lo cullavo tra le note più dolci e assecondavo i suoi riposi con storie di misteri ed avventura. Al mio sogno piace volare, se non gli racconto storie piene d’avventura non è contento, se poi nei miei racconti compaiono elfi, fate, folletti, pirati e mostri marini è ancora più felice, perché le sue ali si dipingono di colori magici ed imprevedibili. Adesso l’ho consegnato al signore che ritira i sogni, ma andrò a riprenderlo, questo è sicuro, certi sogni non si lasciano in pegno per troppo tempo, andrò a riprenderlo appena avrò abbastanza energia per sostenere l’impresa. Devo solo ricaricarmi, per farlo ci vorranno pazienza, volontà e tanta forza. Io credo di possedere tutte queste cose, sì, ci sono, adesso sono un po’ nascoste, ma ci sono. A volte mi capita di pensare di non farcela, quando arriva la signora con il vestito nero, poi, divento piccola e mi spavento, ma subito ritrovo coraggio, mi basta pensare al mio sogno, mi basta pensare a tutte le storie che ancora non sono riuscita a raccontargli come quella galeone invisibile che si è perso nel mare dei desideri dimenticati. Penso che devo farcela per lui, così, anche se è difficile, disarmo la signora nera con il più bello dei miei sorrisi, lei a volte scappa via, altre volte non si lascia ingannare e mi dice: “Ti ho scoperta, adesso vieni con me, stavolta ho vinto io!”. Con la signora con il vestito nero, un po’ alla volta, ci ho fatto amicizia, non viene a trovarmi sempre, è capitato che non l'abbia vista per tantissimo tempo, nell’ultimo periodo è spesso passata a salutarmi, a volte è scappata via, altre volte abbiam fatto un giro insieme. Qualcuno mi ha detto che prima o poi la signora nera si vestirà di bianco e arriverà solo per abbracciarmi e per starmi vicino, io la vedrei meglio vestita di rosso, il vestito bianco lo indosso io, ho già un bel paio di guanti in borsa che ci starebbero benissimo e una rosa azzurra da appuntare tra i capelli. No, le spine non le ho tolte, devo andare a riprendere il mio sogno, devo trovare tanta energia e per farlo ci vogliono anche le spine.



Se dovessi chiudere gli occhi e pensare a un sogno penserei a qualcosa di bello, almeno quanto questo meraviglioso dipinto di Mirò dal quale è stato proprio difficile staccarmi quando ho avuto la fortuna di incontrarlo... era un bel sogno, davvero un bellissimo sogno!

21 ottobre 2008

ma tutto questo Alice non lo sa (forse)

"Alice gurada i gatti
e i gatti guradano nel sole
mentre il sole fa l'amore con la luna..." 

 




Oggi mi sento un po’ Alice, non quella del paese delle meraviglie, forse un po’ anche quella, ma di più quella che guarda i gatti. Ecco, sì, ci sono anche i gatti, per la precisione due, due gatti rossi che si fanno le coccole. C’è il sole che mi abbraccia e sorride alla vista dei miei capelli tirati in su con le virgole che vanno per conto loro. Più si allungano e più svirgolettano. Ma esisterà “svirgolettare”? Va be’, ci penso dopo, l’unica cosa certa è che con questi capelli in su sembro un Mirò! Un Mirò svirgolettante che guarda due gatti rossi coccolosi. Oggi sono Alice, senza il bianconiglio, ma con due gatti rossi e i capelli svirgolettanti tenuti su da una biro. Gioco con i miei pensieri di panna e li monto fin quando non sono abbastanza soffici e gonfi da poterci sognare. Gioco anche con i numeri, anche se, per la verità, tanto un gioco non è, ma oggi sono un po’ Alice e ci gioco. Alice senza bianconiglio, con due gatti ed un Mirò tenuto insieme da una biro, che gioca con i numeri. Ah, se me l’avessero detto non ci avrei mai creduto, no, non al Mirò, ma al mio gioco con i numeri. Forse ancora non ci credo, forse dormo sui miei pensieri di panna montata, forse Alice lo sono un po’ sul serio e non solo oggi che faccio finta d’esser seria con i numeri, ma poi mi giro, sorrido e strizzo l’occhio…






Ecco, per i capelli svirgolettanti rifarsi al dipinto di Mirò...sono più o meno così e con tanta, tanta immaginazione!

18 ottobre 2008

pensieribianchi all'ombra di un salice lacrimoso





Mi vestirei di bianco, latte profumato di vaniglia. Vestirei di bianco pensieri, respiri, parole e ombre. Mi vestirei di bianco e siederei su quella panchina sotto il salice piangente, alzerei lo sguardo e mi godrei il silenzio verde dei suoi rami lacrimosi. Vestirei di bianco i miei disegni dipinti nel vento, sfumandoli di ghiaccio. Mi vestirei di bianco e giocherei con il sole che sbircia tra i rami lacrimosi le mie facce buffe, farei di tutto perché smettessero di piangere. Vestirei di bianco i miei occhi curiosi e le mie mani impazienti e canterei sottovoce per ingannare tutti quei "chissà" nascosti nel mio sguardo incerto. Mi vestirei di bianco solo per te, solo una volta, bianco dipinto di neve. Ti aspetterei e ti direi: “Quest’attesa è solo tua, solo nostra” e lo direi sottovoce, sotto il salice lacrimoso, stropicciando con una mano il mio vestito bianco profumato d’attesa.


13 ottobre 2008

chicchiricca, chicchiricca ancora!


Sono le 4.00 e il gallo non canta. Sono le 5.00 e il gallo non canta. Sono le 15.00 e il gallo non canta. Ma non dovrebbe cantare. Invece sì, dovrebbe cantare. Sono le 19.00 e il gallo non canta. Ma non dovrebbe cantare. Invece sì, dovrebbe cantare, fidati che dovrebbe. Mamma, mamma il gallo non canta, il gallo è morto. No, la morte del gallo proprio non ci voleva, un abito scuro e un velo di pizzo nero per il gallo che non c’è più. Piango la morte del gallo. Invece no, canto il canto del gallo, il canto del gallo morto. E come fa il canto del gallo? Il canto del gallo morto, come fa? Fa come il canto del gallo vivo, solo un po’ più triste, solo un po’ più sottovoce. Ci vuole rispetto: il gallo non c’è più, il gallo è morto. “Chicchirichi, chicchirichi, chicchiri…cosa?”. Il gallo canta, sono le 20.00 e il gallo canta. Ma non dovrebbe cantare. Dovrebbe, dovrebbe, fidati che dovrebbe! Il gallo è vivo e chicchiricca allegro e spensierato, anche se sono le 20.00. Mamma, mamma, il gallo chicchiricca, il gallo non è morto. Sono le 23,00 il gallo non chicchiricca più, è tempo di dormire, è tempo di sognare la sua alba amarantogiallablu tutta da chicchiriccare.

12 ottobre 2008

per Flo

Dalla città del fumo è arrivato il profumo di un fiore, è arrivato con il vento e in un colpo ha fatto volar via tutte quelle parole spezzate che cercavano di comporre un puzzle difettoso. L'incastro c'è, io lo so che c'è, però, forse... forse non è tempo, non è luogo, non è. C'è, ma non è e il mio bel fiore ha fatto volar via quella visione spezzata color seppia. Che bel fiore è quel fiore, ha i petali pieni di un rosso che sfuma nei più bei colori del tramonto, una corolla che ti sorride come una bella gonna che fa la ruota ed un profumo intenso che sa di vita. La vita la porta nel nome, nei suoi occhi d'autunno, tra le sue parole, in quelle soffici come fiori di cotone come in quelle spigolose che son quasi un Picasso, e tra le trame dei suoi silenzi pieni. Anche quel bel fiore, adesso, c'è ma non è, di sicuro è per me, è nel modo più bello in cui potrebbe esserci, come forza, come colore, come vita, è l'abbraccio più caldo e il sorriso più dolce è uno degli affetti più preziosi che ho. Piccolo fiore, continua a far volteggiare la tua corolla dai colori del tramonto più bello e danza alla luce soffusa di tutte le sfumature che ti stanno aspettando per rendere i tuoi petali ancora più vivi!

8 ottobre 2008

Pensieri imbastiti nell'attesa

Immagine dal web




Abbracciami, di quell’abbraccio senza memoria che sfida il tempo e ondeggia sulla realtà liquida e inconsistente di questi giorni curvi.
Stringimi, in silenzio e spegni la luce, voglio vedere che effetto fa sentirsi come un equilibrista su una fune.
Avvolgimi e non lasciare fuori niente di me, neppure tutte quelle linee sghembe che giocano a nascondino tra i miei pensieri.
Ascoltami, c’è ancora tanto che non sai e ci sono sere che somigliano alla luce d’ambra di un lampione, in una strada di montagna deserta, tutta da riempire.
Riempimi, di tutti quei pensieri aquilone a cui possiamo dar vita insieme.
Aiutami ad animare questo piccolo teatrino dimenticato nel bosco e fammi luce con il bouquet dei nostri desideri comete.
Raggiungimi, seguendo quel canto sussurrato dal vento che ho soffiato in una bolla di sapone.
Ti aspetto e intanto cucio vestiti colorati per le nostre marionette da animare.




6 ottobre 2008

incontrando Klee


La prima volta che ho incontrato Klee è stato a Roma nell’estate 2004, sono entrata a quella mostra conoscendo davvero pochissimo di lui e della sua arte, sono entrata chiamandolo “Klii” e scoprendo che non conoscevo bene neppure la pronuncia del suo nome: Kl”ee”. Non è stato colpo di fulmine, con Klee è stata una di quelle esperienze per cui l’amore scatta dopo un’approfondita conoscenza, ricordo, però che, man mano che entravo nei suoi dipinti, era come se mi avvolgesse qualcosa, qualcosa di caldo si alternava a una piacevole e fresca brezza estiva. Succede sempre così, ogni artista mi comunica una sensazione diversa, così Munch è l’inquietudine, Renoir la serenità, Chagall l’amore, Mirò il gioco, Kandiskij la musica… Klee era “una continua sensazione d’abbraccio”. Nonostante questa bella sensazione, però, sentivo che mancasse ancora qualcosa. Viaggiavo tra i suoi dipinti, mi coloravo dei suoi colori, atmosfere ovattate si alternavano a suoni armoniosi, ma mancava sempre qualcosa. Continuavo a esplorarlo, con calma e curiosità, con occhi pazienti e gioiosi, mi riempivo di Klee e dei suoi sguardi di colore, ma… sì, c’era sempre quel qualcosa che mancava! C’era solo l’ultima sezione della mostra da visitare, una sezione un po’ nascosta che, in lontananza, sembrava priva di colore, sicuramente in contrasto con tutto il colore che vivificava il resto dell’esposizione. Mi sono avvicinata con curiosità (i contrasti hanno sempre avuto un forte potere attrattivo su di me). D’improvviso riempio quel luogo delle mie sensazioni per Klee. Avevo trovato c'ò che mancava: avevo appena scoperto gli angeli di Klee.

Gli angeli di Klee sono una visione stupefacente nella loro estrema semplicità, linee essenziali, nessun colore, tratti irregolari e spigolosi, rompono qualsiasi regola sull’armonia della figura, come se fossero la proiezione della visione degli angeli che potrebbe avere un bambino, ma quanto riescono a dire, quanto fanno sentire, quanto riempiono e scuotono. Mi sono affezionata subito a queste figure tanto imperfette quanto meravigliose, le ho sentite mie all'istante. Io stessa mi sento un po' come loro, che piangano, siano in attesa, raccolte in sé, io le trovo assolutamente incantevoli. Sono stata a guardarli per tanto tempo, in silenzio, ecco, gli angeli di Klee sono il suono del silenzio, almeno per me e rendono piena quella sensazione di abbraccio continuo che Klee mi dà ogni volta che lo incontro.

scivolo sott'acqua




Scivolo sott’acqua e il gallo canta, anche se sono le 13.00. Scivolo sott’acqua e il gallo continua a cantare, anche se sono solo le 13.01. Il gallo canta e io non mi sveglio, lo ascolto sott’acqua e scivolo, scivolo giù fino ad accarezzare il fondo con le mani. Movimenti lenti, ma decisi, sott’acqua è così, ci vogliono forza e decisione, altrimenti torni su e non dico che non sia bello nuotare sul filo dell’acqua, ma sotto, sotto è un’altra cosa. Scivolo sott’acqua e tutto assume un’altra prospettiva, tutto è lentezza silenziosa. C’è sempre il gallo che canta, sono le 15.00, ma io non mi sveglio, continuo a scivolare, ogni tanto chiudo gli occhi, poi li riapro e seguo luci impressioniste. Scivolo sott’acqua ed è come una danza, la musica potrebbe essere il canto lontano del gallo. Sono le 16,02 e il gallo canta di nuovo. Il gallo canta e io non mi sveglio, continuo a scivolare, ogni tanto torno su, riprendo fiato e poi scivolo di nuovo giù, sott’acqua, dove mi aspettano le mie luci impressioniste. Mi sveglio e non sta cantando il gallo, mi dò una spinta dal fondo, frantumo la quiete dello specchio d’acqua e sono fuori. C’è poca luce, il gallo è silenzioso, d’improvviso una nuvola si lascia attraversare dai raggi del sole: il gallo canta di nuovo. Sono le 17.03. È l’alba.


1 ottobre 2008

cassetta per sale da barattare



Ho pensato che di provvista di sale ne ho abbastanza. Posso salare senza problemi almeno fino al 2010 e, pensandoci bene, potrei anche preparare alici sotto sale per papà. Oddio, mi farà un po’ impressione pulirle, ma credo di potercela fare. Con tutto il sale che ho posso imparare a creare statue di sale, lampade al sale, figurine di pasta di sale, senza contare tutti i modi in cui posso usarlo in cucina, insomma posso estrinsecare appieno la mia creatività. Chi lo avrebbe mai detto che avrei avuto così tanti modi per utilizzare tutto questo sale? Mi ritrovo questa gran quantità di sale, sedimentatasi non so neppure in quale tempo, ovunque, anche nei posti più impensati. Ho trovato sale anche sulla mia terrazza, sono stata giorni a chiedermi come fosse arrivato fin lì, poi mi sono ricordata di esserci passata quel pomeriggio di luglio e tutto è stato chiaro. Ho sale dappertutto, ho sale nelle tasche della giacca, tra le cuciture della mia maglia preferita, tra le trame del tappeto, tra le dita, tra i capelli e perfino tra i denti. Sale nei ricordi e nelle note che non smetto di cantare, sulla suola delle scarpe e nei pensieri, pensieri al sale che spero non s’induriscano troppo. Intanto scende una lacrima, mi bagna le labbra e penso: “Basta, di sale ne ho una gran provvista, potrei farne a meno fino al 2010, forse anche per più tempo. Basta ché poi ne trovo altro anche nei posti più impensati , poi non ricordo come c’è finito e poi devo ripensare a quel pomeriggio di luglio e magari vien fuori altro sale. Basta con il sale, adesso c’è bisogno dello zucchero, del resto, mia nonna lo diceva sempre: se il sugo è troppo amaro basta aggiungere un pizzico di zucchero e il gioco è fatto!” . Qualcuno sa dove posso trovare dello di zucchero? Nel caso qualcuno ne avesse un po’, potrebbe lasciarlo nella cassetta per le lettere rossa accanto al cancello. Potrei ricambiare con una statua di sale, una lampada al sale, una figurina di pasta di sale. Potrei anche rubare qualche alice sotto sale per il mio papà, è vero, non le ho mai fatte, ma sono brava in cucina quindi il risultato è quasi garantito. Ci sarebbe sempre il sale puro, lo metterei in un bel vasetto di vetro colorato per poterlo usare come meglio si crede. Io suggerisco le statue di sale, richiedono pazienza, cura e attenzione, ma il risultato… ah il risultato vi sorprenderà!