29 febbraio 2012

c'era o non cera




C'era una volta e forse c'è ancora, c'era una mela e un cuore di cera. "C'era la sera!", cantava una suora. Oggi c'è un sole che viaggia per ore e un piccolo fiore che vuole sbocciare. Guarda lì! È una promessa nel medaglione della Papessa che gioca a carte, distratta, con la contessa. "Ha barato, ha barato, gendarmi, qui c'è reato!". Ma il reato è sparito, il gatto è scappato e il dolce non va ancora servito. Ci vuole coraggio, ma vince un presagio. Un presagio di cera, che cera non era, ma c'era, eccome se c'era.








17 febbraio 2012

anche se


Chagall, Nizza fiori sole

Pensavo a come sono brava a inventare storie, a immaginare, a vedere quello che non esiste. Sono brava a creare, ma da piccolina, da quando avevo tra le mani la carta velina colorata e sapevo che doveva diventare mazzo di fiori. Dev’essere una cosa che ho ereditato dal mio papà o dalla mammma oppure dalla nonna: tutti bravi a creare, in modo diverso.
Il papà crea improbabili composizioni con materiali di fortuna, la mamma crea in cucina e con ago e filo e la nonna? Be’, la nonna crea con il duro lavoro delle braccia che impastano acqua, sale, farina e lievito. Quello che viene fuori non è solo pane ma un’emozione profumata e leggera che so già che mi mancherà quando la nonna partirà per il suo “viaggio”. Sì, perché la mia nonna sta approntando il suo viaggio da un bel po’, con entusiasmo e curandolo nei minimi dettagli. Qualche tempo fa, un bel giorno, mi ha detto: “Devo farti vedere il mio vestito nuovo, lo userò tra un anno e mezzo per il mio novantesimo compleanno, sempre se Dio vuole, e per il viaggio, quando il Signore vorrà”. Lei, con il Signore, racconta che ci ha fatto tante belle chiacchierate e che Lui l’ascolta. Una volta, mi guarda e mi dice: “Non preoccuparti, Valentina anche se le cose vanno male non significa che sarà sempre così, con il Signore ci parlo io  e vedi che sistemerà tutto… “. Come non crederle? Nonna il suo vestito per il viaggio non l’ha ancora usato…
Ah, vero, c’era quel bel mazzo di fiori colorati. Da piccolina ne componevo tantissimi, ora ho smesso, ma sono lo stesso brava a immaginare, vedere, creare con la fantasia, sono talmente brava che, a volte, quello che “vedo” mi sembra quasi la realtà. Poi, però, ricordo che occhi come i miei possono ingannarsi, sono occhi che rifiutano d’avere limiti, che guardano con meraviglia e curiosità, sono gli stessi occhi che guardano Chagall e ascoltano la musica che trasmettono le sue pennellate blu. Sono i miei occhi, quelli che vedono anche quello che non c’è.
Così mi ritroverò ancora a creare, a guardare le mie creazioni, a considerare l’autenticità del soggetto e sarò critica e severa, ma mai con i miei occhi. Loro non possono essere altro da ciò che sono e io non vorrò mai impedirgli di “vedere”, anche se non è la realtà, anche se poi non sono così sicura che non lo sia.




[Grazie a Roberta per avermi regalato questa musica, in una sera che l'aspettava... ]

16 febbraio 2012

Titoli di coda (di Valentina Luberto e Pasquale Chirchiglia)

Era una calda giornata di agosto, e Ramon sudava come un Cavron, mentre il suo fegato batteva per Esmeralda toda calda, anche in inverno. Esmeralda era toda calda non solo per l’afoso clima d’agosto, ma anche per qualcosa che con il clima non c’entrava niente e nemmeno con la menopausa… Ecco, lei era sempre bisognosa d’affetto, diciamo così. Ramon oltre all'affetto le offriva dell'affettato, aveva infatti un allevamento di suini, con i quali si intratteneva. I fanghi ringiovaniscono la pelle, sosteneva. A Esmeralda non importava granché dell’allevamento di suini di Ramon né dei fanghi, lei la pelle la manteneva giovane praticando altre attività e proprio perché aveva sentito dire che Ramon in certe attività era molto vicino agli animali che allevava aveva deciso che dovesse essere suo! È così che è iniziata questa storia d’intrighi e passioni consumata tra un panino e l'altro, con la porchetta di Ramon e le continue richieste d’affetto di Esmeralda sempre più toda calda.
Riprendiamo la nostra avvincente telenovela: “Pensavo fosse amore, invece era una porchetta ”, giunta alla puntata n° 456789, da dove l'avevamo lasciata, ovvero con Ramon che ha invitato Esmeralda nella chiesa di San Diego Armando Maradona.



Sigla: http://www.youtube.com/watch?v=x2C98G-9rJk

- Ramon, cosa fai in quell'acquasantiera? Questa cosa potrebbe intrigarmi...
- Mia dolce Esmeralda, un uomo deve pur farsi la barba... anzi, passami quell'asciugamano poggiato sul confessionale...
- Lascia perdere l’asciugamano, così tutto insaponato sei più stuzzicante! Che idea invitarmi qui, ne sai sempre una più del diavolo, tu! Adesso seguimi nel confessionale, confessami l’inconfessabile, Ramon!
- Ma quanta impazienza! Un attimo, devo prima togliermi i peli del naso e lavarmi i piedi, e poi sarò pronto per darti tutta la mia completa... assoluzione!
- Vuoi che cuocia? Vuoi davvero che il mio sangue ribolla a tal punto da non riuscire più a trattenerlo nelle vene? Confessami i tuoi più torbidi pensieri, Ramon, adesso!
- Ebbene sì, a te posso dirlo. Ne ho viste di cosce e ne ho anche mangiate, ma nessuno ha una coscia come la tua, Esmeralda. E soprattutto indosso calzini bianchi. Sì, bianchi e bucati, per far prendere aria al ditone. E sei l'unica a sapere ciò!
- Cosce? Quali cosce, Ramon! Non sono gelosa, non temo la concorrenza, la mia coscia non ha rivali, è gustosa, lunga e polposa... farebbe invidia a chiunque! L'idea di far prendere aria al ditone m'intriga... fai prendere aria soltanto a lui?
- Ma certo che no, anche alle mie ascelle, altrimenti la puzza ristagna, invece così... lo senti quest'odorino che si spande nell'aria, mia dolce Esmeralda? Lo dedico a te, è il mio Eau de Cavron brevettato.
- Del tuo Eau de Cavron ne ho sentito parlare, so di cosa sei capace quando emani certi odori, so quello che scuoti nella tua preda al solo annusarti. Non ci avrei messo 456789 puntate per conquistarti! Adesso, lo dedichi a me. Lascia che mi delizi del tuo profumo poco alla volta. Vedi? Mi avvicino pian piano, fin’ora ho mantenuto una certa distanza solo per rendere il momento della conquista più gustoso, ma il momento è giunto, tra un po’ sarò impregnata anch’io del tuo violento odorino e sarò tua.
- Ma Esmeralda, perché ansimi in modo suinesco? Forse stai male, ti serve un dottore? O magari tieni, bevi un po', c'è un po' di schiuma da barba e qualche scatarrata, ma è pur sempre acqua.
- Ramon, non sto male, bramo solo di passione per te! È forse lo spirito di questa chiesa, del grande San Diego Armando Maradona, che t’inibisce? Eppure il suo nome dovrebbe incitarti a fare goal? Che ti prende, Ramon?
- Esmeralda, non so come dirtelo, ma... mi sento ribollire, ho tutto un groviglio proprio qui, allo bocca dello stomaco... ed è per questo che sento il bisogno di chiederti... dov'è il bagno?
- Non ti sembra un po’ troppo abusato il bagno per certe cose?
- Mia dolce Esmeralda, va bene che ruzzolo coi miei suini, ma non vorrai mica che lo faccia proprio qui, in mezzo alle panche? Non penso che Don Dan apprezzerebbe.
- Che importa dove lo fai, l'importante è farlo. Don Dan apprezzerà, le campane aggiungeranno il Din e finalmente suoneremo insieme! Dopo 456789 puntate  sarebbe anche il caso!
- Ma Esmeralda, più che le campane, nello stomaco sento le rane. Anzi, scusa per le esalazioni, ma... E comunque se proprio non vuoi farmi andare in bagno, almeno non guardarmi, non è un bello spettacolo.
- Preferisci che chiuda gli occhi? Bendami!
- E dove la trovo una benda adesso? Ah sì, ecco, usa la mia panciera, è un po' sudata ma ci si arrangia…
- La panciera non l'avevo mai usata. Mi sembra un po' grossa... ma se ti stimola, la metto sugli occhi, lascio scoperte le labbra. Inizia a togliere i vestiti, poco alla volta, ma toglili, sono pronta...
- Ecco brava, bendati. Un momento ... ancora un attimino... ahhhh, ecco fatto, ora mi sento libero... non è che mi passeresti la carta igienica? Altrimenti devo usare le mani.
- Carta igienica? Mani? Ramon! Secondo te, io sarei venuta qui, nella chiesa di San Diego Armando Maradona, rinunciando a un appuntamento con Gonzalo e a un altro con Miguel e Marcos solo per passarti la carta igienica? Ti sembra il luogo adatto questo per espletare le tue funzioni intestinali? Un po' di rigore, suvvia!
- Ma quale rigore, Maradona segnava in tutti i modi, anche di mano, mica è da tutti. E poi chi sono questi tizi che hai elencato, pensavo che la tua milza ardesse solo per me.
- Non mi pare il caso di fare il geloso, prima tu hai parlato di tutte le cosce che hai visto e io non ho fatto una piega! La mia milza arde e basta, a prescindere!
 - No Esmeralda, non dire così. Io sono cotto di te, come una salsiccia alla piastra. Non mi vedi? Come puoi essere impassibile di fronte a cotanta virilità?
- Più che una salsiccia sei un cotechino, dall'odore, direi, anche andato a male. Basta, sono 456789 puntate che gli sceneggiatori mi promettono fuoco e fiamme con te e capirai bene che essendo toda calda potremmo anche fare i fuochi d'artificio. E tu? Tu mi inviti in questa chiesa dallo spirito davvero beneaugurante e invece di fare goal non fai che prendere pali! Perché mi hai invitata qui?
- Mia dolce Esmeralda, volevo condividere con te tutta la mia spiritualità, che sprizza e spruzza dai miei pori odorosi. Unisciti a me, preghiamo insieme.
- Cosa ti fa pensare che io voglia pregare?
- Ma come, vedo che sei una praticante assidua, vieni sempre in questa chiesa. Pensavo di farti cosa gradita.
- Certo che ci vengo! Sarei una stupida a non farlo. Sai chi è l'elettricista di questa chiesa? Juan Carlos De Fuego! Purtroppo l'hanno licenziato giovedì scorso, così, quando mi hai invitata tu in questa chiesa e conoscendo la tua fama di Cavron non ho esitato a correre! Cosa pensavi che per 456789 puntate facessi la calzetta in attesa del tuo arrivo?
- La calzetta no, e neanche un maglione viste le temperature... ma pensavo tenessi in mano il tuo rosario e pregassi per la tua anima...
- La mia anima? Tu pensi alla mia anima? E al mio corpo chi ci pensa? È finita Ramon, finita!
- No Esmeralda, ti prego, ritorna da me, dal tuo Cavron, e sarò più lazzaron, lo giuro!
- Più lazzaron? Ci penserò. Titoli di coda, c'è Pedro che mi aspetta!

Sigla di chiusura: http://www.youtube.com/watch?v=L0q_HvJqinY



Nota degli autori:
Non chiedeteci: perché? Non lo sappiamo neppure noi...
                                   Un sorriso a tutti,

                                                         Valentina e Pasquale

13 febbraio 2012

Ora che viene la notte ( di Valentina Luberto e Sario Laveneziana)




La cantante malinconica, Mirò



Mia piccola luna, piccola come vorrei apparisse il mio amore per lui, così piccolo che possa vederlo tutto intero e non dimenticarne nemmeno un pezzo, tanto piccolo da non imbarazzarsi troppo, nudo, ai suoi occhi accesi sulla notte. È a te che voglio affidare i miei pensieri, scioglierli, uno per uno, in questa scia di latte e luce che cerca un sentiero per raggiungerti. Fa’ che sappia che il mio canto non è che per lui, fa’ che viva del tremore della mia voce a ogni nota, fa’ che si abbandoni al calore di questo timbro che non desidera null'altro che stringerlo nell’abbraccio più armonioso che possa. Mi affido a te, alla tua curva, morbida culla, riposo sereno della mia speme e del mio malinconico canto d’amore. Affido a te il mio cuore, piccolo perché anche tu possa vederlo tutto intero, senza dimenticarne nemmeno un pezzo, mentre dondola sul tuo sorriso curvo. (*)
Il cantante, Mirò 

Shhh.
Ora che viene la notte, tutta quanta, con il suo lago di stelle, io canterò per te.
Sarò da te con la mia voce, piegherò il vento dentro le mie note, ci saranno le mie parole addosso al mondo e le stelle, tutte quante, a tenerle inchiodate al cielo, per non farle cadere: solo così tu le potrai vedere. Le sentirai nel mio respiro.
Vengo da te di notte, perché qui non hai scudi di parole.
Arriverà prima la mia voce, così ci sarà un tempo per aspettare, per lenire la timidezza dipinta sui nostri visi, ci saranno poi le mie parole, come una lettera sparsa nella mezzanotte, infine io arriverò piano, da lontano, e se tu farai un cenno allora mi avvicinerò, vedrò il tuo canto di parole schiudersi sulle tue labbra, distante da te, non ci sarà una voce, solo un movimento invisibile di labbra, la notte non se ne accorgerà, solo le stelle. 
Solo le stelle saranno custodi delle nostre voci, capiterà che qualcuna arrossisca e cada giù, innamorata del mio amore piccolo per te, allora sarà luce in pochi attimi, una stella che cade e un mio passo che cede nella neve, e poi di nuovo la notte, tutta quanta, ci sorprenderà a pochi metri di distanza, sempre di più la mia voce, ogni tuo movimento, meno impronte che ci separano.
Lì ti vedrò tutta intera, mi innamorerò delle tue braccia distese, dei pugni chiusi, della mani che tremano, del tuo collo piegato, per me sarai solo quel pugno, quel braccio, quella spalla, ti amerò un pezzo alla volta, e poi ti guarderò tutta insieme, perderti nella notte, come un fiocco di neve tra la coltre spessa.
Ci saranno poi pochi passi, nessuna nota, una sola voce, la notte che sussurra alle stelle di fare silenzio per poter ascoltare il nostro canto muto.
Shhh. (*)






Costellazioni in amore con una donna, Mirò


Ciao cantante dal cuore suonato! Perché sei suonato, lo sai? Suonato, come dire che il tuo cuore non fa che fare: boomboomboom tutto attaccato e con il maggior frastuono possibile. Sorridi perché quello è il suono dei folli, sorridi perché, anche se non lo sai, non troppo lontano da te c’è un cuore che fa: bum! Come il tuo cuore che suona, come un’esplosione, solo che con la “u”, così, tanto per essere originali. Sorridi anche per noi stelle che danziamo al suono del tuo cuore suonato, della tua testa incantata, delle tue parole stonate. Sorridi e aspetta, c’è soltanto da aspettare. E ora, non smettere di cantare, invitaci a ballare, c’è solo l’attesa da ingannare. Lasciati addormentare e non abbandonare il tuo sogno da solo ad aspettare.


Arriverà.
Lo senti questo boomboomboom?
Lo senti quel cuore lontano che non la smette di stonare?
Il suo canto è qui.

Siete già insieme.
Ascolta. (*)

Luna verde, Mirò




Gli amanti si affacciano al cielo della notte.
Da lontano, si guardano, guardano me.
Mi scrutano e pensano: ora siamo insieme a guardarti, da lontano?
E io che sto qui sospesa, vedo tutti i vostri occhi, amarvi senza tregua.
Innamorarvi in ogni respiro, perdervi nei dubbi che non vi fanno cantare.
Allora io vi guardo e vi sussurro, che il vostro amore non è solo.
Ma voi non ascoltate: il dubbio è il vento più rumoroso del mondo.
Se solo ascoltaste il cuore.
Che fa bumbumbum, come le stelle impertinenti.
Allora invece di aspettare, in una corsa di notte, poco più di un centinaio di passi, ci sarebbe un solo unico canto.
E invece continuate a non dormire, a contare le costellazioni, a immaginare figli su fogli di carta, a tormentarvi, a cercare di giorno tra i passanti il vostro amore e la sua voce, a passare, di notte, i passanti della giacca del pigiama, a odiare la notte, una buia colla che vi separa, ma se non ci fosse la notte, e se non ci fossi io, non ci sarebbe nessun canto, nessuna voce, nessun respiro, nessuna corsa nella neve, nessuno sguardo da luoghi lontani.
Come un volo senza uccelli.
Un cielo senza le stelle.
Un canto senza luna.

Ora, così.
Tremano i vostri cuori ai cancelli del vostro amore.
Parlate, piano.
Cantate più forte.
Ancora più forte.
E ci saranno prima due canzoni, poi solo una,
che addormenta me, Luna, e queste stelle. (*)







Sario Laveneziana ha regalato la sua voce al Cantante e alla Luna.

Valentina Luberto ha prestato qualche dubbio alla Cantante malinconica e la sua impertinenza alle Stelle.





Ringraziamo Mirò, lui sa perché...


10 febbraio 2012

SCUSA, MA TI VOGLIO GOOGLARE



«No Stup, ma davvero? Ma, no, volevo dire, sì… oh! Hai googlato per me?»

«Hai capito bene, bambola!»

«Io… beh, boh, bah... non me l’aspettavo!»

«Ho mollato anche la Play per te e stavo quasi aumentando di livello. Vedi un
po’!»

«Eh, amo’, ma, dico, davvero, beh, bah, non ci posso credere.»

«È perché io ti amo, piccola Bolly! Più che in una canzone di Giggio D’Alessio. Ho mollato la Play, sono andato al pc e ho scritto su Magico Google: “Ammore”.»

«Eh, amo’, boh, e che t’ha detto Magico Google

«Se devo di' è stato abbastanza grezzo. Neanche il tempo di scrivere e mi fa: forse cercavi: “Amore”. Si scrive con una emme, diamine!»

«Ammazza Stup! Hai fatto arrabbiare Magico Google, ma, allora, sì, beh, boh, volevo dire: mi ami?»

«Sì, ho fatto a botte anche con Magico Google per te. Nel campo di ricerca ho scritto: no, no, volevo cercare proprio "Ammore" con due emme. Muoviti!»

«Quanto sei ganzo Stup! Adesso, beh, bih, eh, voglio dire: non so che di'… »

«Piccola Bolly, lo sai che mi sono innamorato di te soprattutto per il tuo vocabolario così ampio e variegato, ma stavolta devi dire solo: sì, un semplice sì, ce la puoi fare?»

«Aspe’, ma davvero sai dove abita il Giggio D’Alessio? Ho sentito che lo dicevi a Gup? No, perché, beh, voglio di', eh, perché avrei una cosa da chiedergli... »

«Eccerto che so dove abita, ho googlato ed è uscito l’indirizzo, col satellite posso vedere anche la finestra di casa sua.»

«Grande amo’, sei il genio del computer! Io non sospettavo tutte 'ste qualità. Beh, se è così, boh, bah, voglio di'… ma davvero mi ami perché so parla'? E vuoi anda’ al ballo della scuola insieme? Io e te, te e io, insomma noi: Bolly e Stup… »

«Amoooooooooo’, me lo dici questo sì secco, sì o no? Devi fare una semplice cosa, solo una. Ce la fai?»

«No è che, beh, bah, so' emozionata, comunque… ma davvero pensi che so' più brava di te a parla’?»

«Senti piccola Bolly, facciamo così, tu ci pensi, io intanto vado a casa e parlo con Magico Google

«Sì, va be’, beh, se vuoi fa' così, ma che gli dici a Magico Google, cioè, così, pe' sape’.»

«Niente amo’, vado sul campo di ricerca e scrivo: “Bolly pensante, dotata di risposte secche e priva di qualsiasi intercalare, possibilmente ottenibile in max 48 ore.»

«Forte amo’! Bello 'sto nuovo gioco della Play! Comunque, te la scrivo in un sms la risposta e non fa' arrabbia' Magico Google. Ciao amò, TVTTTTTUMDB. Ciao, volevo di', sì, beh, boh, bah, bih… a dopo. Buh… t’ho spaventato, eh!!!»

«Sì, ciaoooooooooooooo… »



[Per questo titolo, alla right reserved Marina Piconese, che ringrazio vivamente per aver saputo brillantemente sintetizzare il senso di questo improponibile dialogo :D]

7 febbraio 2012

in un numero piccolo



Ascolta, ascolta la meraviglia...





Accade che, qualche volta, ci si cerchi. Senza saperlo, in silenzio. Accade anche che, in un numero piccolo e prezioso di volte, ci si trovi. Riconoscendosi. Accade, infine, che la meraviglia sia tale da non volerla ascoltare che nello stupore chiassoso di un’emozione muta.






E poi ci siamo persi
poi ritrovati 
poi?
Poi.


Ascolta, non smettere mai.



4 febbraio 2012

chi?







In un pomeriggio di febbraio, quando tutti erano certi sarebbe arrivata la neve, arrivò qualcun altro.
- Chi arrivò?
- Aspetta!
- Perché?
- Perché arrivò qualcuno che era rimasto davvero male che nessuno lo aspettasse. Non se l’aspettava, ma decise di arrivare ugualmente. Lo fece borbottando e quando lui borbotta non usa certo mezze misure.
- Lui chi?
- Ancora?
- Cosa?
- Insisti!
- Non è vero.
- Allora, aspetta.
Borbottava la sua attesa mancata. Perché tutti aspettavano lei e non lui? Cos’aveva di così speciale che lui non avesse? Lui speciale lo era, sapeva di esserlo.
- Adesso sei tu che ti fai domande.
- Io posso.
- Perché?
- Perché io lo conosco, lui è mio amico.
- Lui chi?
- Aspetta!
- Aspetto.
Arrivò e gli ombrelli gli volarono incontro. Tutti pensano che quando c’è lui gli ombrelli non siano felici. Non è così.
- Che ne sai, tu?
- Lo so.
- Perché lo sai?
- Perché conosco lui, te l’ho già detto.
- Lui chi?
- A…
- … spetta, lo so! Qualcosa la so anch’io, adesso.
Gli ombrelli erano così felici che si sbronzarono di gioia, tanto da cadere a terra tutti arruffati: un cimitero di ombrelli sbronzi.
- Erano morti?
- No.
- E che ci facevano al cimitero?
- Niente.
- E il cimitero che c’entra, allora?
- Niente.
- Ho capito.
- Sei sicuro?
- No, ma so che se ti chiedessi spiegazioni avrei ancora meno certezze.
- Hai capito.
Alla vista degli ombrelli sbronzi, che sembravano morti, il cielo iniziò a piangere lacrimoni ghiacciati.
- Allora c’era la neve?
- No.
- Come, no?
- Erano solo lacrimoni ghiacciati, compassione liquida, partecipazione sciolta. Non neve. Non hai capito!
- No.
- Lo sapevo.
- Anch’io.
Lui guardò il cielo, poi gli ombrelli, attraversò i lacrimoni ghiacciati e strinse tutto quello che c’era da stringere in un abbraccio, il più forte di cui fosse capace. Andò via.
- Oh!
- Eh!
- E?
- Se ne andò, così com’era arrivato.
- Uh!
- Non ti aspetterai che faccia: “ih!”, vero?
- Non so più cosa aspettarmi… ma chi non stavamo aspettando?
- Shhh…
- Ancora? “Shhh…” è l’unica cosa che sai dire, dopo tutta la tempesta di vento in cui hanno giocato le tue parole fin’ora?
- Appunto!
- Il vento?
- Punto.
- Ho capito!
- Non sono così sicuro!
- Nemmeno io.


Grazie a Sario per la scelta dell'immagine.

3 febbraio 2012

direzioni provvisorie


Immagine di Anto Superbat


In viaggio, lasciando la direzione sul fondo delle intezioni, lanciando ai dadi una destinazione. Mi ricorda dove sono, il riflesso discontinuo dei miei occhi sul finestrino di un treno in corsa.


2 febbraio 2012

Casa non casa (di Valentina Luberto e Pasquale Chirchiglia)

P. Halsman, Dalì Atomicus (1948)

 



Questa è la storia di Fiordiluna, Cagliostro e Gastone, tre gattini che decisero che era giunto il momento d’ avere una casa, nonostante, per le bizze di un artista con i baffi all’insù, ne avessero una diversa ogni giorno.


- Gastone, smettila di sonnecchiare, guarda Cagliostro. Cosa ci troverà di così interessante in quei miscugli fumosi, proprio non so. Avrebbe cose o qualcuno di più interessante a cui dedicarsi. Gastone, mi ascolti? Apri gli occhi!

- Ma possibile che non si possa mai riposare? (sbadigliando) Già c'è Cagliostro, che tra fumo e rumore è peggio del traffico a mezzogiorno. Piuttosto, perché non vieni a stenderti vicino a me? Prometto che faccio il bravo. Forse.

- È fuori discussione, non intendo mettere alla prova quel "forse". Che poi, discutere con te… che ci sarebbe da discutere con te? Nulla! Se non fosse che tutto quel fumo non fa che impregnarmi di cattivi odori, sarei anche disposta a sopportarlo. Cagliostro è un genio, ma cosa vuoi capirne tu , Gastone, tutto dedito a cacciare prede con cui cercare di "fare il bravo". Guarda Cagliostro, adesso ha tra le mani il liquido blu, quello che non usa mai. Chissà cosa vuole farci.

- A parte che: "Cagliostro qua e Cagliostro là", un genio addirittura! Io mica volevo discutere, con te. Il piccolo chimico lo lascio fare a Cagliostro, io preferisco il blu dei tuoi occhi...

- Gastone! Smettila di fare il provolone con Fiordiluna. Non sto giocando, io, queste sono cose importanti. Ma che ne vuoi capire tu, sfaticato! Ah, Fiordiluna, dopo potrei aver bisogno di te.

- Cagliostro, perdona Gastone. Non è cattivo, è solo che, qualche volta, dimentica le buone maniere. È fatto così, è un istintivo. A dire il vero, anche io mi chiedo cosa ci sia di tanto importante in quelle ampolle dai liquidi colorati.

- Fiordiluna, dovrai attendere ancora un po’. Per ora non posso dire niente, prima voglio essere sicuro che tutto sia a posto. Mi sono stancato di questa situazione, non Lo sopporto più. E non parlo di Gastone.

- Ho capito che non ce l’hai con Gastone. Quello che sati preparando ha a che fare con Lui, vero? Cagliostro è inutile, dobbiamo soltanto rassegnarci ad addormentarci in un luogo e a non sapere dove ci risveglieremo. Lo fa sempre di notte. Per certi versi, è anche un bene, almeno è come se fossimo in un sogno. Un sogno, già... e se tutto questo non esistesse? Se noi non fossimo che parte di un sogno continuo? Gastone, intanto, non fa che dormire è come se di Lui non si curasse, forse sogna. Il suo, è un sogno nel sogno. Dicevi che potresti aver bisogno di me, come?

- Sogni, sogni, poi sono io quello che dorme. Io almeno lo faccio con gli occhi chiusi, tu, mia bella Fiordiluna, fai  sogni a occhi aperti.

- Cosa vuoi saperne tu di sogni a occhi aperti se i tuoi sono sempre mezzi chiusi! Al massimo pensi a qualcosa da mangiare, alla prossima gatta morta da abbordare, torna a…

- Basta, cos'è questa cagnara. Sapete che mi da fastidio, soprattutto quando lavoro. Gastone, abbi pietà, sta’ zitto per un po'. E tu, Fiordiluna, evita di dargli corda, a meno che non sia per impiccarlo. Chiedo solo quiete, è troppo?

- Tecnicamente non potrebbe essere una cagnara. No, proprio no! Sonnecchierò anche, ma a certe cose sto attento...

- Ah Gastone, smettila! Cagliostro, non ti facevo così rude, addirittura una corda per impiccare Gastone. La cosa potrebbe rivelarsi interessante...

- Ehi, piccolo chimico e gattina stralunata, usate qualcun altro per i vostri giochetti e lasciatemi dormire…

- Certo che con voi è una causa persa! Per fortuna, nonostante la vostra infausta presenza, ho quasi ultimato. Manca solo un ingrediente. Fiordiluna, potresti venire? Ho bisogno di te.

- Fiordiluna, non emozionarti troppo. Su su, il grande genio ha bisogno di te. Ah, io continuo a dormire va'...

- Faccio finta di non aver sentito. Eccomi, cosa posso fare per te, non vedo come...

- Manca solo un ultimo ingrediente, un soffio di vento lunare. Chi meglio di te, Fiordiluna? Ecco, soffia qui nell'alambicco e non dare retta a quel cialtrone di Gastone


Un soffio di vento lunare e finalmente avrebbero trovato casa oltre quel dipinto, e l’avrebbero fatta franca sull’artista dai baffi all’insù che tutte le notti dipingeva i suoi tre gatti in uno scenario sempre nuovo per cancellarlo la mattina seguente. Cagliostro aveva trovato la soluzione per oltrepassare la tela e conquistare la libertà, era ancora tutto da sperimentare, ma certe cose si sa che funzioneranno ancor prima che qualsiasi prova possa confermarlo, non foss’altro per il desiderio che le anima. Così fu. Come ogni giorno, il pittore dai baffi all’insù si avvicinò alla tela per cancellare lo scenario che ospitava i tre gattini e dipingerne un altro, questa volta, però le cose andarono diversamente. Tempestivamente, Fiordiluna, Cagliostro e Gastone spinsero la pozione contro il pittore malintenzionato, la pozione riuscì a oltrepassare la tela e a squarciarla. Furono finalmente liberi. Da quel momento il pittore con i baffi all'insù decise che non vi sarebbe stato scenario migliore, per ospitare i tre gattini, che il suo studio e, memore del grande spavento, non provò mai più a imprigionare nessuno dei soggetti dei suoi dipinti in uno scenario ogni giorno diverso.
E Fiordiluna, Cagliostro e Gastone?
Scoprirono quanto fosse bello addormentarsi e svegliarsi nello stesso luogo e avere dei posti tutti loro a cui affezionarsi.