8 novembre 2016

Come fosse un gioco





Faccio un gioco che facevo da bambina: raccolgo tutta l'acqua che può contenere il palmo della mia mano e stringo forte per non farne scappare nemmeno una goccia. Lo faccio con gli occhi. Li stringo e cerco di non far scappare niente. Cerco. Chiudo gli occhi, ripercorro il tempo, lo spazio e tutte quelle cose che, se qualcuno non mi avesse detto che esistono, io penserei siano un sogno. Anche questo lo ha detto qualcuno. Da qualche parte, in qualche luogo, al mio fianco, ride chi, forse, non ho ancora mai incontrato, ma proprio nell'angolo più remoto di quel sorriso, che non fa niente per nascondersi, custodisce il segreto di tutte le domande che mi ostino a rincorrere e che mi lasciano sempre indietro. Ho il fiatone, anche se non mi sono mai mossa da qui. Per quanto ne so, potrei aver fatto mille chilometri o giù di lì in un secondo. Secondo me, se adesso apro il palmo della mia mano, ritrovo tutto. Spalanco gli occhi. Dove sono?

[Mi sto ancora cercando, chi mi cammina accanto, con quel sorriso sbilenco, sa dove sono. Troverò anche lui.]


14 settembre 2016

veritàvelate






Anche la migliore maschera ha un punto in cui la luce filtra e svela il volto.
                                                                                                             [V.L.]
Escher, Enigma

9 settembre 2016

E cerchi, cerchi qualcosa, qualcuno, chissà.







Qualche volta qualcuno, qualcosa, ritorna o chissà. Chissà quante volte, in tutto questo tempo, i cerchi hanno girato cercando, tornandoci su. Su cosa? Su questo ci devo pensare o ci ho pensato così tanto che i cerchi si son consumati, feriti, aperti. Così tutto si è rovesciato come l’acqua di sorgente, in quelle bellissime anfore d’argilla, che proprio non vuole confini, anche se questi sono delle profumate linee d’argilla rossa che sanno di terra, di casa. Casa, sto per tornare! Quando tutto torna, qualche volta, tutto è nuovo, nonostante tu lo conosca a memoria [credi]. E cerchi, cerchi qualcosa, qualcuno, chissà. I cerchi son diventati linee e le linee d’argilla sono solo tanti orizzonti da saltare.  


28 giugno 2016

Continuo a raccontare, anche disegnando :)

In questi giorni mi sto divertendo tanto a disegnare i miei personaggi con il mondo dentro e gli occhi chiusi, chi mi segue sa di cosa stia parlando, chi non mi segue, può dare un'occhiata alla mia pagina Facebook oppure al mio profilo Instagram. Per i più pigri, sto parlando di questo:







Non solo li ho disegnati, ma ho cercato il modo di portarli con me, creando dei ciondolidisegni e portachiavidisegni, dei disegni originali da portare sempre con sé, sempre che vi piacciano i miei disegni.


Durante questa mia ricerca, qualcuno ha anche adottato qualche ciondolo, con mia grande sorpresa. Mi sorprendo sempre quando qualcuno si affeziona così tanto a qualcosa che scrivo, disegno, faccio, penso che siano cose speciali solo per me - approfitto per dire grazie a tutti coloro che continuano a volere per loro un piccolo pezzo del mio mondo, anche voi siete speciali per me -
Non ho abbandonato la scrittura, mi attende un periodo di revisione della bozza definitiva della mia prossima raccolta di racconti: L'amore è miope. Storie con gli occhiali nel taschino (titolo quasi definitivo) per cui, tra l'altro vorrei finire anche dei piccoli disegni e cercare di pensare a una copertina.
Inoltre, ho un progetto dedicato ai più piccoli realizzato insieme a  Desda, se non la conoscete, visitate il suo sito​ Il piccolo Atelier di Desda​ oppure il suo profilo Instagram , troverete delle bellissime illustrazioni, è così che ci siamo incontrate, è così che ho scelto di chiederle di illustrare una piccola storia per me.
Per questo progetto  sto cercando il canale più appropriato. Clara ha fatto dei disegni meravigliosi per una mia piccola storia, vorremmo che la pubblicasse una casa editrice specializzata nella realizzazione di albi per bambini - casa editrice specializzata per i più piccoli, se stati leggendo: aiutaci! Ripaghiamo con affetto e mettendo a disposizione il nostro colorato mondo -, poi vorremmo la leggessero tutti i bambini del mondo :D - sogni, che non costano niente, quindi, li facciamo-
Qualche giorno fa ho visto un' immagine che mi ha fatto venire in mente una storia che voglio scrivere, anche perché, dopo la parentesi dei racconti in cui prendo in giro l'amore (Amore, scusami, sai che ti voglio bene :D ), vorrei tornare al genere surreale che tanto mi piace.
Ho anche tante altre idee che vorrei mettere in circolo dopo l'estate, come dare una ragion d'essere al mio canale YouTube e scrivere di più sul blog, magari alternando le mie sghemberie sognanti anche a qualche sghemberia in cui racconto qualcosa di più su quello che mi piace.
La mia cara amica Maria dice che sono un vulcano, io dico che forse ha ragione, ma anche che vorrei che tutte queste idee riuscissero ad andare oltre il mio blog e diventare qualcosa di più grande e importante.
Per ora è tutto, a prestissimo e grazie per aver letto fino alla fine (non è mai scontato ;) )
Ciao a tutti!<3 p="">

15 giugno 2016

però, se fosse davvero così, allora...




Mi ricordo di un tempo lontano lontano. Correva saltando tra un “no, ti assicuro che non è così” e un “però, se fosse davvero così, allora…” 
Allora niente. Se apro la tasca della giacca e cerco in fondo, dove nascondo tutte quelle cose che devo dimenticare, sapendo sempre, esattamente, dove andarle a cercare; ecco, se sbircio in quella tasca trovo te, me, una canzone, un bacio rubato, la voglia di dimenticare - per poi ritrovare- e tutte quelle cose che ho nascosto perché nessuno le vedesse mai. Forse nemmeno io avrei dovuto vedere, cercare, qualche volta, trovare. E poi perdere, una, due tre parole, mettiamone qualcuna in più che non si sa mai, che non so mai, tutte le volte che inizio a scrivere, dove andrò a finire, come andrà a finire. Così, come questa sera, apro una tasca a caso, faccio finta di non sapere cosa stia cercando. In realtà, non cerco niente, ma trovo una canzone che non rivelerò mai. La sto ascoltando tutta d’un fiato, tutta a suon di pelle, quella che ho lasciato in quel tempo, in quello spazio, in quell’angolo di una tasca in cui tutte le volte infilo distrattamente la mano, incontrando qualcosa che mi ha perso e da cui non voglio farmi trovare.

23 maggio 2016

La prima presentazione delle mie Sghembestorie. A Picerno!



Ho iniziato a scrivere questo post almeno cinque volte, altrettante volte ho cancellato.
Perché?
Perché vorrei raccontarvi la prima presentazione delle mie Sghembestorie, Lettere Animate Editore, e ogni parola sembra non riuscire a rendere giustizia a ciò che ho vissuto e, ancor di più, provato.
Che fare?
Non mi arrendo e ci riprovo!
Il 20 maggio, presso la Biblioteca Comunale di Picerno (PZ), ho trascorso un po’ di tempo, più che a presentare il mio libro, a far vivere ciò che il mio libro spera di far emergere in chi lo incontra: domande, ipotesi, affidamento all’immaginazione, probabili risposte che diventino, a loro volta, nuovi punti di domanda, ricerca del senso e scoperta inaspettata di sé, meraviglia.
Troppo pretenziosi come propositi?
Lo pensavo anche io (forse), ma questo pomeriggio a Picerno mi ha dimostrato il contrario.

         

                                                                                                                 


Ho presentato il mio libro insieme alla Prof.ssa Erika Marcantonio e al Prof. Paolo Curcio, due persone di inestimabile valore e spessore umano e culturale, e due dei miei racconti sono stati letti dalle lettrici volontarie del progetto Nati perleggere.
Il pubblico della presentazione avrebbe dovuto comprendere adulti e bambini, dunque, i nostri interventi erano stati pensati per rivolgersi soprattutto agli adulti ed incuriosire i bambini, cercando di non annoiarli (Sghembestorie è prettamente un libro per ragazzi e adulti con qualche eccezione per qualche storia che potrebbe interessare i bambini. Almeno credevo così, ma la vita riesce sempre a sorprenderti).
Una volta arrivati in biblioteca, abbiamo constatato che il pubblico di bambini era molto più numeroso, rispetto a quello degli adulti, dunque, abbiamo deciso di capovolgere la presentazione cercando di fare in modo potesse essere momento di gioco, riflessione e curiosità soprattutto per i piccoli.



Le mie sono storie che spesso hanno bisogno di essere comprese, di ricevere una risposta a fine lettura, quindi, quando le lettrici volontarie hanno iniziato a leggere il primo racconto: L’esperto che sapeva cucinare le cialde, forse, io temevo che per i bambini sarebbe stato incomprensibile - lo è spesso per i grandi - o noioso. Invece, a fine lettura, dopo qualche considerazione e invito alla riflessione, a misura di bambino, proposti dalla Prof.ssa Marcantonio e dal Prof. Curcio, i bambini hanno iniziato a porre domande, a far vivere la storia con le loro ipotesi e visioni a partecipare attivamente e con interesse.
Il dibattito è andato avanti, così, è stata introdotta la figura dell’uomo invisibile, protagonista della storia: Per quello che sono che sarebbe stata letta di lì a poco. L’uomo invisibile ha dato modo a molti bambini di ricordare i loro amici invisibili, alcuni dei quali, ormai lontani. Sono stata un po’ invidiosa, io non ho mai avuto un amico invisibile, a giudicare dalla gioia con cui i bambini ricordassero i loro, credo di essermi persa qualcosa.
Orlando, il mio uomo invisibile, doveva incontrare quei bambini non solo con le parole, ma mostrarsi anche ai loro occhi. Il foglio c’era, i pennarelli anche, disegnarlo è stato un attimo. Certo, i bambini hanno voluto affidargli una cravatta con stelle fiori e strisce, conoscendo Orlando, ne sarà stato felicissimo.



L’uomo invisibile della mia storia dice di abbracciare la filosofia zen, i bambini ne hanno voluto sapere di più, così, la Prof.ssa Marcantonio, che nella vita è anche una professoressa di filosofia, ha cercato di spiegare loro cosa fosse, mentre io ho cercato di spiegar loro che lo zen, spesso è una buona soluzione per vivere la vita.
Il Prof. Curcio, invece, è stato riempito di domande sul concetto di metafora, se l’è egregiamente cavata.
Abbiamo deciso di concludere la presentazione con un mio intervento. Ho voluto chiudere raccontando: Quando il tempo farà un salto, non prima, non poi.

          

             

Ho scelto questa storia proprio per affidare ai bambini un invito alla lettura, con le parole di Neo e Ombretta:

«[…] ho una domanda: perché leggi?»

[…]

«Leggo per trovare ciò che non ho, ma vorrei avere.»

«Non è una risposta, ne so quanto prima. Su, su, la risposta seria, adesso!»

«Sai, io sono sempre solo, non ho mai avuto un amico. I libri sono miei amici. Nelle storie che leggo spesso trovo risposte a domande che vorrei fare e non so a chi porre, trovo conforto quando mi sento triste, un sorriso quando penso di averlo perso per sempre, vedo il mondo che mi piacerebbe percorrere, che non ho ancora percorso e che forse non riuscirò a percorrere mai. Un libro è la speranza e la certezza che ogni storia abbia un’occasione, che tutto possa mutare nel giro di poche pagine, che il personaggio più misero, come il più buono, abbiano la stessa opportunità di essere raccontati, ricordati. Leggere è vivere tutte le storie e nessuna, con la speranza che tra queste trovi anche la tua.»

«Sembra una cosa bellissima leggere.»

«Lo è.»

 e, perché no, anche alla scrittura. I bambini, spesso a differenza degli adulti, hanno il coraggio di osare, spingere l’immaginazione oltre ogni logica, anche se, nemmeno lo sanno di essere così coraggiosi, e se provi a dirglielo, con un'onestà disarmante, qualcuno potrebbe risponderti:

«No, io non sono proprio coraggioso, per esempio, ho paura del buio»

Mio piccolo amico, anche io ho paura del buio, ma non diciamolo a nessuno.

Quello che, infine voglio dire, è un grazie grandissimo a:

Erika Marcantonio, amica di sempre, che ha creduto nel mio libro, tanto da proporne la presentazione.
Paolo Curcio, che ha accolto le mie storie con entusiasmo e ha voluto discorrerne con noi.
Alle lettrici volontarie del progetto Nati per leggere.
Al Sindaco Giovanni Lettieri e all’Amministrazione Comunale di Picerno.
A tutti coloro che sono intervenuti e hanno ascoltato con interesse.

Ai bambini, oltre che grazie, voglio dire che mi hanno fatto venir voglia di scrivere una storia solo per loro.
Non mi resta che dare a tutti appuntamento alla prossima volta, alla prossima storia.


          

                   


A presto!


5 marzo 2016

Specchi


Il Signor Lindo sta tornando a casa, saltella giocoso e dondola la borsa della spesa che stringe in una mano, passa davanti alla veranda del suo vicino, si specchia nel riflesso e, ad alta voce, esclama:
Oh, Oh, Oh, come sono Lindo e pinto!
Dice, gongolandosi.
Neanche per sogno! Lindo e pinto tu non sei, il tuo nome è falso come non mai!
Gli risponde, baldanzoso, il vicino assai insidioso.
Cosa dici, guarda bene. Il mio nome mi sostiene. Non c’è alone, non c’è macchia, chiudi quella bocca che gracchia!
Il Signor Lindo continua sulla sua strada, convinto di aver messo a tacere il suo ostile vicino.
Ora tu vorresti dire che la macchia di quel furto dovrebbe scomparire? Quella macchia ce l’hai dentro, non la lavi con il detersivo per il pavimento!
Insiste il vicino.
Il signor Lindo è viola dalla rabbia, guarda con odio il suo interlocutore. Come si è permesso? Infila la mano nella borsa della spesa e tira fuori qualcosa di rosa.
Con quello forse no, ma con questa, caro mio, tacere ti farò!
Agli occhi del vicino, incredulo, il Signor Lindo dà un bel morso a una saponetta. Lo guarda masticare, senza riuscire a dire una parola.
Dimmi, adesso, caro mio, chi di noi è più pulito: tu o io?
Non fa in tempo a pronunciare queste parole che stramazza al suolo in preda a forti dolori addominali. Il vicino prende in fretta il cellulare e chiama il pronto soccorso, poi, guarda il Signor Lindo e pensa: Questa volta ho perso io.

23 febbraio 2016

In un Puf! nemmeno troppo pensato


Abbraccio, Matisse

Questa è una di quelle sere in cui i pensieri si affollano su quel pianerottolo che non ho, ma, nonostante ciò, è sempre pieno. Sono riuscita a ritagliare un piccolo fazzoletto in cui avvolgermi, tra un respiro e l’altro. Nessuno dovrebbe vedermi, qualcuno non dovrebbe trovarmi. Se adesso avessi una bacchetta magica, la agiterei in aria, facendo finta di sapere esattamente cosa stia facendo, direi con molta convinzione un’esattissima formula magica inventata su due piedi, chiuderei gli occhi e sparirei. Così, in un Puf! neanche troppo pensato, senza portare via niente se non i miei occhi. Li porterei lontano e sono sicura che, via da tutto quello che non vogliono vedere, finalmente, riuscirebbero a meravigliarsi ancora, a spalancarsi senza pensare se è giusto o sbagliato che tutta quella bellezza li invada e corra giù, a gran velocità, verso il cuore, facendone una vela. E ci sarebbe il vento a scompigliare tutto perché nei posti meravigliosi c’è sempre il vento che muove ogni cosa sconvolgendo qualsiasi ordine prestabilito, beffandosi di questo o quel piano. Arriva, spettina i capelli, alza le sottane, capovolge i vasi, vuota tutto quello che c’è da vuotare, senza timore o timidezza. Va via, nello stesso modo in cui è arrivato. In un Puf! nemmeno troppo pensato. Nello stesso modo in cui vorrei scomparire io, senza lasciare niente a questo istante, se non una gran confusione tra i capelli e un brivido sottile da non dimenticare. 



21 febbraio 2016

RW



Tutto era andato per il verso sbagliato. Il precipizio segnava la fine del cammino.
“Qual è la soluzione?”, si era chiesto.
“Non buttarsi giù!”, si era subito risposto.
Tutto era andato per il verso sbagliato, ma proprio per questo, poteva camminare al contrario.
Ecco la soluzione.


31 gennaio 2016

Tra le pagine di Sghembestorie



Due anni fa Sghembestorie è stato pubblicato in formato ebook. In occasione di questa pubblicazione sono stata sorpresa da chi, anche non conoscendomi, ha sottratto alla sua giornata un po' del suo prezioso tempo per scrivermi un messaggio per raccontarmi la sua esperienza di lettura. È un libro speciale per me, ma non è così scontato lo sia per chi lo legge. Ora Sghembestorie può anche essere sfogliato e in questi giorni sto ricevendo nuovamente pareri da chi lo sta leggendo. Ciò che sempre mi sorprende è quando, chi mi scrive, dice di ritrovare un po' di sé in quello che ho scritto o chi mi dice di essersi affezionato a questo o a quel personaggio o chi mi ringrazia per averlo trascinato via dalla vita di tutti i giorni e averlo catapultato in un mondo pieno di fantasia o un sacco di altre cose per cui, ogni volta, irrimediabilmente, divento rossa. Anche questo non è così scontato. La verità è che per me ogni attenzione dedicata alle mie parole è un regalo prezioso, che mi piacerebbe non deludere mai chi mi legge, che mi scuso se, lungo questa bellissima strada fatta di parole, qualche volta inciamperò, che mi piacerebbe ringraziare uno per uno tutti voi. Lo faccio idealmente con questo post dandovi appuntamento alla mia prossima avventura che spero diventi anche un po' la vostra.






Grazie Napoli per avermi prestato lo sfondo più bello che potessi immaginare per il mio libro.


13 gennaio 2016

silenzi



  • Il cuore che sente è un cuore sordo [a tutto quello che si oppone alle sue ragioni]. Non è illogico ed estraneo all'analisi, come sembra voler far pensare. È originale. Ha una voce, ma non gli interessa che tutti la conoscano, per questo, qualche volta, non viene compreso. È un insospettabile matematico delle emozioni, un investigatore dalle orecchie tese e gli occhi aperti, un veggente dalle previsioni necessarie e assolute. Il cuore che sente è tutto fuorché distratto. Piuttosto, è un simulatore di noncuranza che cerca, così, di non dare troppo nell'occhio. Se fossero visibili le sue trame, si penserebbe a un cesellatore dei più ricercati intento a trovare, in ogni spazio possibile, una possibilità. Ritaglia il suo mondo, si allontana dal mondo per ritrovarlo nella sua più vera verità. Sua. Il cuore che sente è un cuore sordo, anche se ascolta tutto, nonostante desideri ardentemente essere ascoltato.