30 luglio 2009

estate [come la vorrei]



La vorrei come di sole e luce, come di brezza leggera, come se tra le immagini sfocate, animate dalla sabbia, ci fosse una promessa.
La vorrei di sorrisi e impressioni azzurro arancio sfumate di rosa, come di un imbarazzo improvviso sussurrato dal cuore, come di risa che solleticano la pancia.
La vorrei come non ne ho mai avute, come la gioia degli occhi che vivono l’anima, come i sogni che custodisco tra le ombre e che non vedono l’ora di fare un bel tuffo nel sole.
Intanto, mi preparo alla partenza...





10 luglio 2009

tra le strade



Tra le strade dei miei pensieri ho ritrovato il sapore della pioggia, la meraviglia dell’arcobaleno e il calore di un tramonto rubato al dover fare di una giornata d’estate. Ho vuotato la borsa delle intenzioni e vi ho riposto libri d’arte e musica per sognare, occhi curiosi da illuminare e vestiti sottili come fili d’erba da annodare. Ho ritrovato un sorriso e la voglia di andare, mi hanno ritrovato piccole mani che stringevano forte un aquilone da liberare.





"Se tutto ciò che cerco nasconde un movimento
Quale destinazione può incontrarci " (*)
(*) Strade, Subsonica

7 luglio 2009

pensieri alla fragola




Fragole fuori stagione, impregnano i miei pensieri d’inchiostro. Tento una fuga da tutto, anche un po’ da me, rifugiandomi nel respiro del pensiero. Profuma di casa, porto sicuro di un tempo in cui potevi trovarmi nel codice segreto di un incontro di luci. Smetto di parlare con me, smetto di voler a tutti i costi comprendere.
Non sopporto i silenzi vuoti (punto)


"Non è non è non è che non ti capisca
però però non ho tempo
domani domani domani chi sa?" (*)

2 luglio 2009

viaggio


Avrei preso quel treno anche se fosse stato in corsa. Ci sarei saltata su, come salta l’incertezza la pelle che riconosce gli occhi. Senza bagaglio, se non l’attesa accarezzata tra le parole di una canzone e le macchie d’inchiostro di un vecchio libro ingiallito. Avrei sorriso ai miei occhi riflessi sul finestrino con la consapevolezza che il viaggio non è che una promessa che scivola tra le porte scorrevoli dello scompartimento d’un treno. Sarei stata puntualmente in anticipo: lo avrei preso.Lo avrei preso anche solo per quella tua espressione buffa che mi aspettava alla stazione e che rideva sotto i baffi, mentre mi legavi il cuore stringendomi le mani.

ascolta(mi)


Disegnami la strada per il mare. Di sale. Fanne un dipinto e affidalo al dorso di un gambero. Disegna. Come fosse una mappa cifrata. Al contrario, dal mio tempo al tuo. Fa' che mi ritrovi nel tuo sorriso, spelonca incantata avulsa dal tempo, dolce ricovero per la mia anima errante avvinta al canto delle tue linee di sale.

ascolta
(mi)

(Qualche volta mi fermo ad ascoltare la pioggia, è in quel suono sottile che ritrovo le nostre mani che fanno l'amore)


odore di partenza


Odore di partenza. Polvere di carbone inghiottita nella caligine. Un bagaglio ancora da comporre. Fogli sgualciti, imbrattati d’inchiostro, sistemati alla meglio: a caso, come conviene che sia. Scarabocchi avvolti nelle lenzuola bianche e un mazzo di note colorate immerso nell’odore di bucato, sperando che stinga. Una fossetta, nascosta dalla polvere di carbone e una f da inghiottire. L’ultima lavatrice di parole sta quasi per asciugare. La f è rimasta bloccata nella centrifuga: abiterà lì. Il bagaglio è pronto, i capelli avvolgono i pensieri come una sciarpa e l’odore di partenza, adesso, si può quasi toccare.

Quando ho tirato giù le parole dallo stendino, ho trovato anche
queste,le ho riposte tra le lenzuola bianche e il biglietto di sola andata.

dondolando su un'altalena di luce



Imprimi, in questa melodia d’effluvi di tempo, il colore dei bagliori dell’alba. Tu, mio diletto auleta dal timbro soave, soffia armonie di luce e fanne prezioso drappo per i nostri giochi d’ombra da vestire. Tra l’adagio e l’allegro, dondolo sulle tue ciglia socchiuse, mentre mi vivi in un’altalena di luce.

sogno tulipani




Raccontami il sapore delle nuvole. A voce bassa. Raccontamelo, come fosse solo nostro. Rincorri queste vaghe chimere, chiudimi gli occhi con un bacio e fammele assaggiare mentre sbuffano come vele nel vento. Ascolto il sapore delle nuvole, dalle tue mani, nei miei occhi. A voce bassa. Mentre tutto corre e tutto ha il sapore di un sogno che sbuffa.

Stanotte mi tenevi la mano, mentre io mi addormentavo su un letto di tulipani.



baci profumati di nardo


Scivola tra le mie mani il tuo sorriso. Lo riporto a me, disegnandolo sulle mie labbra. Rido, con i miei occhi e le tue labbra. Il mio sorriso scivola tra le tue mani. Adesso. Lo disegno sulle tue labbra. Con un bacio. Mi stringi, nel silenzio del tuo sguardo serio, ma io, ho ancora il tuo sorriso sulle mie labbra e negli occhi suggello una promessa con profumatissimo olio di nardo.

C'è un angolo del mio sorriso che somiglia al tuo, è lì che sono quando ho nostalgia del profumo di nardo.



abbracci d'inchiostro e desideri di zagara



Scrivi. Ancora. Dipingi quello che anima gli occhi nel sogno. Sono nidiace tra le tue braccia d’inchiostro, dimoro nell’abbandono a questa serica sensazione d’appartenenza. Intanto nevicano petali di zagara. Nivei, come le nuvole che attutiscono i miei ritorni al reale. Fuori dal sogno, io, mi perdo. Ti perdo. Scrivi. Ancora. Parole, nido per cullare l'attesa che questo abbraccio d'inchiostro sia calore e non più soltanto rivolo di desiderio .

Ci ritroveremo nel vento, ti condurrà a me il profumo di zagara.

il suono della mia pancia



Qualche volta mi perdi. Dici che non sai dove sono, mi cerchi in una parola, in uno sguardo sospeso, nelle figure che disegnano le ombre delle mie mani. Areni sull’esitazione di un’ipotesi. Eppure, io ci sono, non mi nascondo. Sono soltanto nella mia pancia. È lì che puoi trovarmi quando, come nereide, gioco con le onde dei sensi e dei pensieri faccio collane di corallo e perle.

Te l’ho sempre detto, prima di innamorati dei miei pensieri, innamorati della mia pancia.

ebrezza di stelle e desideri




Oppongo una frale resistenza alla tentazione di assaggiare ad una ad una le stelle di questa notte da assaporare. Mangio stelle e parole incerte sul ballatoio di labbra abbandonate al desìo di raggiungerti. Bevo anima e desideri. D’improvviso, son' ebbra di luce. Tengo l’equilibrio su questa mezza luna che ride del tuo stesso sorriso. Spengo la luce e mordo le labbra. Riconosco il tuo sapore.

memorie in battiti di ciglia

Il tempo scandisce la memoria in battiti di ciglia. Scruto, con discrezione, tra ricordi affastellati. Sospesi. Svaniscono lentamente ombre e luci nell’atmosfera affumicata di un caffè di notte. Perdo per sempre immagini e profumi nelle esalazioni di un’intenzione. Lieve è il dondolare sul filo della memoria attorcigliata ai polsi. In quel ritmico pulsare vivono e si tingono di rosso passioni mai sopite. Trattengo un sogno nello sciogliersi dei pensieri che penetrano la terra e ne fanno culla fertile per emozioni ritrovate. Ricordo, solo quello che si è impigliato tra i rami bluastri dei polsi. Null’altro, solo pulsanti e vivi ricordi bluastri.

improvviso.piove



Improvviso. Scarmigli i capelli intrecciandoli con nastri liquidi. Sulle labbra il sapore della tua presenza. Afferri, mani che ti stringono. Discendi lungo le braccia disegnando la linea del seno. Ti nascondi nelle curve dei fianchi e poi giù a cinger le caviglie. Legame, custodito nella stretta alle viscere. Respiro a fatica, assaporo la tua presenza fondendo la mia gioia ai tuoi percorsi sul mio viso. Vestita d’alchimia di luce, ti catturo in un’allucinazione olfattiva. Piove.



tempo rubato annodato

 

Tamburello sulle intenzioni musicandone il senso. Tormento gli archi sorpresa dall’inattesa curva di un ricordo. Pausa. Nel respiro di fiati dimenticati, catturo fotogrammi di sguardi sospesi. Ascolto. Suoni nuovi intagliano i sensi in un tramonto di rame. Meraviglia. D’anima e pelle, sinfonia di melodiosa appartenenza in tempo rubato.

Annodo la partitura e ne faccio memoria

A sanguigna


Riverbero di un sogno. Più presente della presenza del sogno stesso. Insegue la sera, solcando il sentiero di ghiaia incipriato dalla luna. Irriverente giocolare di luce - il sassolino di destra balza a sinistra, quello di sinistra si rifugia, lesto, a destra stando ben attenti al sassolino centrale. Equilibrio nella sospensione – il sassolino centrale garantisce la riuscita del gioco, è tutta una questione di tempi e traiettorie di vento. Coacervo d’impressioni e ricordi rarefatti nella spolverata di cipria della luna e il sassolino centrale funamboleggia a fatica. Velocità, concentrazione, calcolo del giusto tempo. Il sassolino centrale fugge via. Indossa un mantello con le ali, dipinge il volto di rosso, disegna la luna nel sorriso e, con uno starnuto, cerca il suo equilibrio tra le fiamme dei fachiri. Tutto questo non è che il riverbero di un sogno disegnato a sanguigna.


verde incastonato nella neve


Aveva gli occhi grandi e verdi incastonati nella neve, è l’unica cosa che si potesse affermare con certezza sul suo conto, il resto, giaceva in quegli occhi sospesi come laghi. Dicono che sia arrivata qui con la pioggia e che, l’ultima immagine che si abbia di lei sia un gran bel balzo in una pozzanghera, poi, il nulla. Una scena incredibile: un salto nella pozzanghera e, quegli occhi di lago, non c’erano più. È arrivata con la pioggia, almeno così raccontano, stretta in un lungo vestito vermiglio che stonava con la neve del suo viso e con quell’aria accigliata di dicembre. Stringeva sempre una risma scomposta di fogli bianchi, la tratteneva come se tra le mani stringesse il più prezioso dei tesori, non se ne separava mai e qualcuno si chiedeva se li avrebbe mai lasciati andare. Le poche volte che si intratteneva a scambiare qualche parola con qualcuno, raccontava che su quei fogli c’era tutta la sua storia, una storia che si completava di giorno in giorno per questo aveva sempre poco tempo per le parole, doveva assicurarsi che tutto fosse scritto e c’era ancora tanto da riempire. La cosa strana, però, era che nessuno aveva mai scorto traccia d’inchiostro su quel candido tesoro a cui prestava tanta cura. Tutti si chiedevano cos’avesse da sorridere, da piangere, da pensare, la si poteva scorgere intenta nell’osservazione di quei fogli e discernere la fossetta a sinistra che veniva fuori solo con il più bello dei sorrisi, oppure crucciarsi e notare solchi di lacrime sulla neve del suo viso, alle volte, poi, si perdeva in pensieri che nessuno osava chiedersi dove la conducessero, tanto era distante con lo sguardo. I fogli continuavano ad essere bianchi. Di lei non si sapeva nulla, ancor meno si scorgeva da quegli occhi grandi e verdi incastonati nella neve. L’ultima cosa che si sa è che un giorno scomparve in una pozzanghera, con un gran balzo. Una scena incredibile, il vestito vermiglio si dischiuse come una rosa, i capelli ondeggiarono come spuma di mare, le braccia strinsero il vento e giù. Rumore sordo, parole confuse scritte su fiocchi di neve, la sua storia ancora tutta da scrivere e il suo segreto ancora solo per lei.

accadeva la sera


Accadeva la sera, il manto onice aveva coperto tutto quel che c’era da coprire, anche i suoi pensieri. Sedeva, con aria assorta, sul gran ceppo che dominava la parte sinistra de giardino che, al calar delle tenebre, era resa quasi invisibile all’occhio scrutatore del giorno. Abitava quel luogo tutte le volte che refoli sottili facevano sussultare il suo animo. Era come fosse altrove, come se quel che la circondava fosse parte di un luogo a cui lei non apparteneva. Lontano. Intrecciava, con movimenti lenti e puntuali i suoi lunghi capelli corvini, per poi raccoglierli in un perfetto chignon, appuntato con un piccolo rametto d’ulivo. Le piaceva sistemare così i capelli, si assicurava che fossero perfettamente in ordine, poi, lasciava cadere le braccia lungo i fianchi come al termine di una gran fatica. Si abbandonava a quel senso di pace, godeva della discrezione che il manto onice della sera le regalava. L’oscurità le dava l’illusione di rendersi invisibile, era così che risaliva la cuspide dei suoi pensieri, era così che li raccoglieva con meticolosità lungo il cammino, proprio come quando, con tutta la cura di cui era capace, intrecciava i capelli. Sentiva di quietare il suo animo, mettendo ordine, nonostante continuasse ad intrecciare pensieri. Accadeva la sera ed accadeva anche tutto quello che di giorno non riusciva a farsi ascoltare. Un leggero movimento rompeva l’immagine statica di quel lembo d'esistere scampato al tempo, le braccia risalivano lungo i fianchi fino a chiudersi in un abbraccio. Il suo, era uno di quegli abbracci che lasciano spazio ad un arrivo certo. Era lì, in quell’abbraccio aperto, che raccoglieva lo chignon dei suoi pensieri, era lì che cullava tutta la sua attesa.

pensieri arrotolati




Era una di quelle mattine che di sfilarsi dal letto non ne hanno alcuna intenzione, ne ascoltava il respiro pesante, fasciata nel lenzuolo da cui faceva fatica a separasi. Pensò che sarebbe stato bene srotolare i suoi dubbi incastrati nella tapparella della finestra che dava sul mercato. Aveva sempre pensato quella finestra le somigliasse, sbirciare da lì era come fotografare un piccolo scorcio tra i suoi pensieri. I suoi, erano pensieri profumati di spezie, cangianti come taffetà e scivolosi come seta. Pensare che ci provava ogni volta ad afferrarli, li accarezzava, li teneva tra le mani, ma, al momento di trattenerli, le scivolavano via e cadevano leggeri, adagiandosi con delicatezza al suolo. Quando non c'era vento, altrimenti volavano via con la stessa velocità con cui avevano cambiato colore. Si nascondevano. Poteva trovarne traccia nel vociare concitato per la contrattazione di un metro di stoffa, nel prezzo d’affare gridato a gran voce, nell’odore forte del banco dei formaggi, nelle risa delle ragazze in cerca d’occasioni, tra le bancarelle e nei colori del banco della frutta. Quella mattina, il mercato non c’era, era una di quelle mattine che di sfilarsi dal letto non ne hanno alcuna intenzione. I pensieri erano tutti da srotolare e non erano seta né profumo di spezie, non erano risa né colori. Erano soltanto pensieri da srotolare, facendo meno rumore possibile e chiudendo gli occhi per quel che si poteva ché, quella mattina, del calore del mercato non se ne annusava neppure l’ombra.



riflesso d'attesa


Aspettava. La gente correva, ciarlava, spintonava, si riparava. Pioveva a dirotto, ma lei sembrava non curarsi di tutto quel fare, di tutto quel dire, se ne stava lì, in un angolo sotto la pensilina, con lo sguardo rivolto verso la vetrina del negozio di fronte, come se aspettasse. Aspettava. Qualcosa, qualcuno, chissà. Tutt’intorno rumore e velocità, dentro silenziosa attesa. Era chiaro come tutto quel frastuono non la riguardasse, lei esisteva nel suo silenzioso pensare, trovava conferma dell’esserci nel riflesso dei suoi pensieri su quella vetrina. Sentiva. Senza dire, senza fare. Sentiva, nel movimento stesso dell'attesa, protetta dal riflesso dei suoi pensieri sulla vetrina di fronte.