28 febbraio 2013

Punti di vista

Uno dei  "Tre Studi Per Figure Alla Base Di Una Crocifissione", 1944

Francis Bacon

 

 

La mia giornata inizia come tutte le giornate delle persone qualunque. Mi alzo, mi stiracchio, aspetto un po’ prima di mettere i piedi fuori dal letto. O fa troppo caldo o fa troppo freddo, a seconda delle stagioni, a seconda di come giri quella mattina. Alla fine scendo. Che poi non è che sarebbe proprio la fine, ma l’inizio. Scendo, qualche volta sono già giù. Hai capito bene, down down down. Un sospiro, ché a fare un respiro grosso non è che ci riesca poi sempre. Mi applico e appiccico tutto quel sospiro alla mia giornata che nasce stanca e che cerco di svegliare in tutti i modi. Una bella lavata di faccia che poi non serve nemmeno tanto perché allo specchio non mi guardo neanche più, ma non posso certo andare in giro con gli occhi cisposi!
Mi sono alzato, ho la faccia pulita, ma sono ancora in mutande. È inutile che ti dica che quello che mi vedrai addosso non è che il bottino una pesca alla cieca nell’armadio. Pesco quello che posso e se viene fuori un paio di calzoni a quadri insieme a una maglia a pallini, sai che ti dico? Chi se ne frega! Mi accorgo adesso che ho comprato una maglia a pallini. Non sono sorpreso. Io non vedo mai niente per davvero, sarà stata lei a fissarmi e a saltare nella busta. Le maglie a pallini si infilano ovunque, sì, si infilano anche lì, hai capito bene. Questa qua si è infilata nella busta del supermarket. Io compro sempre abiti al supermarket. Adesso sono anche vestito. Sbadiglio, mi stiracchio, ciondolo verso la scarpiera. Stesso metodo che per i vestiti: scarpe viola, quelle del funerale di Luigino. Viola, insieme alla maglia a pallini e ai calzoni a quadri, niente calzini che non so dove trovarli. Tant’è. E che ci faccio vestito così? Esco!
No!
IO - HO - SOLO - VOGLIA - DI - URLAREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE... !
Io non vedo niente perché non voglio vedere niente. E sai perché? Perché nessuno vede me. Perché io dovrei sforzarmi a guardare qualcuno o qualcosa? Magari con la maglia a pallini qualcuno si accorge di me. Tanto lo so che continuerà a non vedermi nessuno. Ah, ma io lo trovo il modo, sì che lo trovo. Se nessuno mi guarda faccio come quella stramaledettissima maglia a pallini. No, niente salti nelle busta del supermarket, ma un salto nel buio, appena volti l’angolo, sì.
“È buio, non ti ho visto”, mi dici sempre quando salto fuori all’improvviso.
“Peggio per te!” ti rispondo un attimo prima di tirati il collo come si tira a un’oca da spennare e cucinare. Sei fortunato che non sappia cucinare e che le persone come te mi restino sempre sullo stomaco. Ti lascio lì e poi mi godo lo spettacolo della tua carcassa esanime nel notiziario di prima mattina. Perché non te l’ho detto, ma io la mattina, tra la pesca nell’armadio e la scarpiera, tra una sciacquata di viso e uno sbadiglio, mentre sono impegnato a non guardare niente, una cosa, solo una, la guardo: il notiziario della mattina. In quell'attimo mi sento felice, è l’unico momento della giornata in cui so che sanno che esisto. Mi basta accendere la TV e dall’altra parte c’è qualcuno che mi guarda e soprattutto mi cerca.
Sai che ti dico? Torno a dormire, tu non puoi più farlo o lo stai facendo per sempre. Io stanotte ho da fare e devo riposare. Ci vediamo domani mattina alla solita ora, sul canale di sempre. Tu sarai una carcassa tra le tante, io sarò l’uomo che tira il collo nel buio, che tutti cercano e che nessuno vede.
 

 

20 febbraio 2013

parole smarrite


Appearance, Juan Medina



Mi meraviglia sempre come la contingenza degli eventi si ostini a suggerire risposte. I segni, i segni, i segni … che vorranno mai dire, sul serio? Io tento di dare risposte a domande che non ho fatto, ma che saltano fuori senza invito e restano senza chiedere il permesso. Uno spazio per loro c’è sempre, pensano. Lo sanno, lo so. Frugo nel passato per colpa di qualcosa di molto più sciocco che serve a scavalcare un fastidioso intoppo al presente. Trovo. Io trovo sempre qualcosa, soprattutto quando cerco qualcos’altro che con quello che mi serve non c’entra niente. Trovo me, svestita come non lo sono mai stata, credo. Com’è l’anima senza difese né riserve nell’intento di non lasciare andare qualcosa che sente suo. Nuda. Com’ero io tra quelle parole. Senza imbarazzo. Non ho mai provato vergogna per ciò che è visceralmente vero. Avevo freddo, però. Penso di non aver sentito più così tanto freddo come quella volta. Mi manca quel freddo, mi manco io. Mi siedo tra quelle parole, sanno di tutti quei sapori che quando li rincontri dici: “No, non sono più quelli di una volta. Prima era diverso”. Prima. Mi alzo ché è ora di andare. Sarebbe ora, ma spunta una domanda senza invito. La lascio entrare. Cerco la risposta tra altre parole. Non le trovo, non ci sono più. Io non le ho mai cancellate né le ho nascoste, ma sono scomparse. Ora è una risposta quella che arriva. Bussa, inaspettatamente. Le apro e prima di lasciarla entrare la osservo bene, come se i miei occhi fossero alla ricerca di una conferma che sanno non otterranno mai. Mi allontano. Sono distante da tutto, anche da me. Torno al fastidioso intoppo e viene fuori un’altra domanda: “Cosa stavo cercando?”. Questa volta ho una risposta, è inequivocabile e chiara, ma non è quella che avrei voluto trovare.



[Dove vanno tutte le parole che perdi?
Qualcuno le ascolta?
Dove vai tu, mentre le cerchi?
Dove sei, tu, adesso?
Io, non so.]






19 febbraio 2013

spazio #1

Nudo Giallo, Concetta Russo



- Come si fa a eliminare la mancanza?
- Si fa.










17 febbraio 2013

Ciao, semplicemente

Donna seduta di spalle, Margherita Fascione




Vorrei che fosse semplice. Non importa cosa. Semplicemente, vorrei. Tante cose che non sono e che non so se avrò mai. Chi mi manca e non potrò mai più vedere perché la vita se l’è portato via e io non l’ho nemmeno salutato. Ché sembra una cosa così, ma io tutte le volte che saluto qualcuno lo sento se non lo rivedrò più. Quella volta no. Vorrei. E tu puoi anche dirmi che dovrei dire: “Voglio!”, se vuoi davvero qualcosa dici che devo dire: ”Voglio!”. Eh, ma mica funziona sempre. Io ci ho provato, quando poteva funzionare e anche quando lo sapevo che non avrebbe mai funzionato. Ché certe volte, soprattutto quando fa freddo, freddo come questa notte, tu ci provi lo stesso e dici: “Voglio!”
Poi? Poi ti aspetti una magia ché a te proprio non la fanno, lo sai da quando hai iniziato ad aprire gli occhi e infilarli nel mondo che le magie succedono. Succedono e basta! Vorrei aver fermato tanti piccoli istanti, quelli che ho visto solo io, ma se li ho visti vuol dire che c’erano. Io c’ero, il resto non conta. Conto tutte le volte che ho detto: “Sono felice”
No, forse non l’ho detto mai, però l’ho pensato. In silenzio, una o due volte, in quel posto solo mio dove chissà se porterò mai qualcuno. Io ci sto bene anche da sola. È mio, è me
E nemmeno lo so cosa vorrei davvero e penso che un po’ è un vantaggio e un po’ no. Vince “un po’ no”, per il momento. Giusto il tempo di trovare un piccolo angolo in cui chiudere gli occhi, sentire che va tutto bene e non aver paura di dire: “Sono felice!”, senza pensarci nemmeno un minuto e senza doverci ripensare. Una cosa che proprio non sopporto è chi va via senza salutare, un’altra, invece, è quando non è più possibile dirgli: “Ehi, perché non mi hai salutato!”. Eh, ma mica funziona sempre così. Il più delle volte non funziona affatto.



“Ciao”, comunque e ovunque…




8 febbraio 2013

segnisognati


I tarocchi degli amanti, Antonio Cristalli




Le carte dicono di fidarmi dei miei sogni. Le carte dicono che i miei sogni hanno qualcosa da predire, da rivelare. Le carte dicono tante cose, soprattutto quando c'è una tavola e hanno tutta l'intenzione di cambiare. Le carte. Poi ci sono i sogni. I segni. Le voci spente. Le luci da riempire e i suoni da ricordare. Poi. Una piccola luce fa capolino nel buio. Adesso è ombra. Le carte l'avevano detto, solo che io avevo gli occhi chiusi e non sono riuscita ad ascoltare.





[... poi ci sono pensieri che dimentichi e ritrovi. Te li riprendi e lasci un foglio bianco là dove li hai rubati. Dovrà pur restare qualcosa ad aspettare.]


isole bianche


Guttuso


Questo lembo di cielo è un pezzo di mare capovolto e io sono su un’isola. La mia isola è un lenzuolo bianco e leggero che ondeggia tra l’azzurro, nel vento. Il vento è la sola melodia che so ascoltare. A occhi chiusi si capovolge il cuore. A occhi aperti non riesco a smettere di sognare. La mattina si schiude tra il mio lenzuolo bianco e il vento, è lì che trovo tutto quello che perdo quando gli occhi hanno lasciato andare un sogno che non vuol farsi dimenticare.

[il vento
il mare capovolto
un'isola bianca 
e.]