19 aprile 2010

fuga d'aprile

Identity of meaning, R. Olbinski


Succede che in un pomeriggio d’aprile hai voglia di andar via. Per un po’, non importa dove, ma lontano. Così, vai in quel posto solo tuo dove tutto ha sempre avuto colore, sapore e odore diversi che se ti chiedono di spiegarlo, tu nemmeno sai trovare le parole giuste. Parole, come se per ogni cosa ce ne fosse una, due, tre… anche di più, ma mi fermo al tre ché il tre mi assomiglia, tanto. Tanto tempo fa, c’era una terrazza e, su quella terrazza, una bambina giocava con il sole, confidava i suoi segreti al vento, aspettava la pioggia. Se ne accorgeva quando la pioggia decideva di arrivare, lei stava lì, salutava le nuvole scure e andava via. Non prima, non prima di aver salutato le sue amiche tutte avvolte nel tulle fumo di Londra o almeno lei le vedeva danzare così. Aveva sempre avuto un certo riguardo per quegli sbuffi grigi: "Del resto, anche alle nuvole può andar storto qualcosa!”, si diceva. Le nuvole arrivavano e lei le salutava andando via in silenzio. Perché sono arrivata fin qui? In terrazza, la mia terrazza intendo. Ricordo: è successo. Succede, poi, che ascolti parlare di te tra timbri postali sbiaditi e ricordi d’attesa. Ascolti e senti, non come allora, un po’ di meno, un po’ più distante. Succede. Succedono tante cose, tutte, meno quelle che vorresti e qualcuna che non sai nemmeno se la vuoi davvero. Intanto, lei è ancora lì su quella terrazza e cerca di far arrossire le nuvole strizzando l’occhio al sole: "Del resto, anche le nuvole si sentiranno in imbarazzo, qualche volta", dice, nascondendo la luna in una mano. E un dolce imbarazzo avvolge anche la mia piccola fuga, nel correr via, arrossisco anch’io e non so neppure perché: è successo, in certi pomeriggi d’aprile è così che succede.


12 aprile 2010

qualche volta, né più né meno

Le corde sensible, R.Magritte

Qualche volta ci penso, non succede sempre: qualche volta, né più né meno. Più o meno succede così, qualche volta. Succede che arrivi il vento come quella sera, non una sera qualsiasi: quella sera fredda che piangeva. Arrivi tu. Tu, voglio dire, il vento. Da dove arrivi? Dove abiti adesso e, dimmi, una casa ce l'hai? No, non ce l'hai...almeno credo. Almeno, ti fermi per un po'? In giardino è fiorito il mandorlo e dei suoi fiori ha fatto un letto di nuvola. Solo per te. Continuo a pensarci, tra un sogno e l'altro, tra i petali disfatti d'un letto vuoto. Qualche volta volo via per non pensarci più. Qualche volta, né più né meno.