21 giugno 2015

Come sempre, come mai



La persistenza della memoria, Dalì

Io sono tante cose e nessuna, sono un piccolo suono nel bel mezzo del niente o sono il silenzio infilato nel tutto. Sono qualcosa, sono in qualcosa.
Non so perché sia arrivato qui, da quanto ci sia o chi mi ci abbia portato. Ho detto una bugia, forse più di una. Forse non mi segui. Che ci fai dietro di me? Se non la smetti di pedinarmi chiamo la polizia.

Sì, comandante, qualcuno mi segue! Certo che glielo dico, certo che so chi mi manda, ma lei, per favore, prenda quell’ombra che non fa che scrutare, indagare.

So chi mi ha portato qui, so quando sono nato, so che quel dito è scivolato sull’onda di un baffo e da lì è stato un lampo. Dal lampo all’idea. Dall’idea a una fondue che mai avrei pensato di vedere, ma sempre avrei desiderato ci fosse.
Eccomi qui, nel bel mezzo del tempo che si scioglie, mentre intorno si dovrebbe fermare tutto e, invece, tutto si muove. Ci sono tre tempi e un doppio che sta per andar via. E mi manca, non so da quanto tempo, ma mi manca.

Perché te ne vuoi andare? Ricordo quel giorno in cui ci siamo incontrati. Il tempo si è capovolto in un attimo e nello stesso tempo ci siamo trovati insieme, in quei sessanta secondi che sono diventati una vita intera in così poco. Che poi era tanto, che dico che mai ne avrei avuto abbastanza. Se credessi ai giuramenti direi che quel giorno ci siamo baciati. Giurerei che ci siamo baciati! Adesso mi lasci, fuggi via su un lenzuolo di vita mosso dal vento. Bianco, come le cose che restano ferme mentre tutto si muove.


Potrebbe essere colpa del terzo tempo! Eppure, il tre mi dovrebbe essere amico.

Non tu, tu mi hai tradito! Strisci silente e infingardo, ti fermi a guardare, a un passo da me, il mio doppio che va via. Invadi il nostro addio con la tua inopportuna presenza. Chi ti ha invitato? Non io! Non il mio doppio! Non ne avremmo avuto il tempo. A pensarci bene, non ho tempo di intrattenermi con te, vile voyeur! Il mio amore fugge, va via per sempre!

E io, se potessi, spiccherei il volo e raggiungerei quell’istante che sto perdendo. Se solo fossi più leggero, se non ci fosse tutta questa distanza, se avessi tempo, se tutte queste cose e tutte le altre che non mi ricordo e che mi tengono appeso qui senza muovere un baffo. Io non ho i baffi, ma qualcuno che mi conosce bene li ha.

Giù le dita da quel ghirigoro impazzito che io ti conosco che tu mi conosci che se conoscessi quello che viene dopo non starei qui a parlare con un paio di baffi.

Fuggo! E raggiungo il mio doppio ché a metà mi sento solo.

Io il volo lo tento! Mi tenta il pensiero di esser con te su quel bianco lenzuolo.
Io il tempo lo perdo, mentre cerco di afferrarlo e mi scivola via.
Io il tempo lo prendo, in questo o in quel lampo.
Io il tempo lo bevo, mentre tutto si scioglie e noi, in un istante, ci mescoliamo.
Perdiamo colore, siamo lo stesso colore che ci ha fatti incontrare.

E la distanza non c’è e sto per volare, quasi mi lancio.

Dico, mi lancio!

Mi fermo, dondolo lieve su questo ramo nudo.
Da quanto sono qui?
Perché voglio fuggire?
Chi sei tu che ti allontani su quel bianco lenzuolo?
Non so rispondere, mentre tutto mi ricorda tutto, io dondolo e dimentico come sempre, come mai.


[Grazie a Gloria che un giorno mi ha chiesto: e se quel sei penzoloni nel quadro incominciasse a parlare, cosa direbbe?]


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