23 settembre 2010

QUELLO CHE LE PAROLE NON DICONO, MA IL NEBBIOLO Sì!




Sario è il fidanzato più fantasioso che abbia mai avuto. Ci siamo conosciuti a un vernissage d’arte contemporanea. Lui faceva finta di sapere tutto sull’arte contemporanea, io facevo finta d’essere una delle pittrici in mostra. Perché? Credo che entrambi avessimo avuto una brutta nottata e volessimo convincerci non fosse appartenuta a noi.
Ad ogni modo, nel giro di mezz’ora di chiacchierata,  mirata a rafforzare nell’altro la convinzione sulle nostre false identità, siamo scoppiati a ridere entrambi e abbiamo lasciato la mostra ai suoi reali autori ed intenditori.
Sario è un pittore, quando me l’ha detto la prima volta non ci ho creduto, visti i precedenti. Poi, però, mi ha fatto visitare il suo studio e me ne son convinta. D’altro canto, io sono un’esperta d’arte. Sono riuscita a vincere la diffidenza di Sario dopo una giornata trascorsa a rispondere alle sue domande con documentazione alla mano. Cosa non si fa per amore!
Insomma, dopo una serie d’indagini reciproche, suffragate da prove e intervallate da bellissimi pomeriggi impiegati a rivisitare in chiave contemporanea tutte le versioni possibili del bacio, abbiamo deciso che l’unico modo per rendere quell’incontro, così surreale, un’opera d’arte era legarci per non scioglierci mai più.
Questo è quello che speravamo entrambi e questo è quello che Sario ci teneva a sottolineare quando una sera, mentre cercava di dipingermi il viso in modo che sembrassi una creatura di Picasso, ha stappato con decisione una bottiglia di Brindisi DOC. Mi ha versato un bicchiere del buon vino salentino e mi ha detto: “D’ora in poi sarà il vino che sceglierò a dirti quello che provo e, avendo scelto un vino della mia terra, corposo, robusto e deciso, avrai capito che faccio sul serio!”.
Per un tipo creativo come me, questa era davvero una bella trovata!
Con il tempo ho imparato a capire Sario e anche a conoscere i vini. C’è da dire che lui era davvero un intenditore ed è facile immaginare come amassi i vini rossi e corposi, mi piacesse perdermi in quelli rosati, mi stuzzicassero quelli frizzanti, mi piacessero meno quelli bianchi e secchi.
Passione, gioco, romanticismo, dissapore… ogni vino diceva qualcosa e Sario comunicava benissimo in questo modo.
I problemi sono iniziati quando il vino giallo paglierino ha preso il sopravvento. Giorno dopo giorno i passiti non mancavano mai, io iniziavo a non sopportarli più e anche a ingrassare, visto che Sario teneva tanto agli abbinamenti enogastronomici e il passito si sposa benissimo con i dolci. La sua gelosia era più gialla del giallo di Mirò e io diventavo più nera della fuliggine del mio camino. Un giorno, non ce l’ho fatta più e mi sono affidata ad un Nebbiolo che potesse comunicargli il mio stato di confusione. A quella proposta, Sario ha risposto con un Nero d’Avola: la rottura, per un uomo orgoglioso e deciso come lui, era definitiva ed era anche alquanto arrabbiato.
Non ci siamo più visti. Credo fosse l’unica soluzione.
Sario continua a dipingere e, c’è da dirlo, con quella propensione per i colori continua a farlo divinamente.
 Io mi sono data al vino.
Che avete capito? Avendolo interpretato per tanto tempo, ho fatto di necessità virtù e sono diventata una delle più fantasiose sommelier in circolazione.

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