Qualche giorno fa ho terminato "La luna in gabbia" di Maria Sardella, edizioni Pub Gold. Mi è successa una cosa strana durante la lettura di questo romanzo: ho iniziato a leggere molte pagine del libro nei primi due giorni, ma, successivamente, vedendo che le pagine da leggere diminuivano, ho rallentato la lettura. È successo che mi stessi affezionando così tanto alla storia e ai personaggi che rallentare mi sembrava il modo migliore per tenerli ancora un po' con me. Quando parlo di un libro, mi interessa poco rivelarne la trama, se non nelle linee essenziali, questo perché mi piacerebbe che dal racconto delle mie emozioni accada di suscitare curiosità nell'ascoltatore, magari proprio a seguito del fatto che abbia riconosciuto, tra le mie parole, anche un suo stato d'animo, un ricordo, un affetto, un dolore... insomma, qualcosa di sé che possa raggiungerlo nel profondo.
"La luna in gabbia" è un romanzo corale in cui tutto ha voce: dai protagonisti, al paese, agli animali, ai segnavento, fino ad arrivare a qualcosa di più sottile come il rapporto tra passato e presente e la ricchezza, ma anche il limite, della tradizione.
Le vite dei protagonisti si dispiegano in un continuo e musicale alternarsi tra presente e passato, lo stesso paese in cui è ambientata la vicenda sembra diviso in due: il nuovo nella struttura, nelle voci e nelle mode che lo hanno investito e trasformato negli anni; e il vecchio nei ricordi, nelle tradizioni, nelle storie, ma soprattutto negli occhi e nel cuore di chi, come Clelia e Peppe, hanno vissuto in un tempo lontano che è indissolubilmente mescolato all'attualità.
Questo romanzo è tante cose: è la storia di un amore che ha rotto gli argini e di un altro che si muove con la circospezione dell'equilibrista che conosce la sua corda e sa che un passo falso gli costerebbe una caduta; è lo sguardo pieno di meraviglia di un bambino osservatore che riesce a cogliere la poesia di una luna in gabbia improvvisata; è il viaggio di un cacciatore di storie discreto e paziente che affida la sua ricerca allo sguardo e all'ascolto; è la scoperta che tutto ciò che ci circonda possa avere a cuore la nostra storia e la sorpresa di poterla scorgere nell'inaspettata anima di un segnavento o nel ciarlare di una cornacchia intrigante ed è tante altre cose che mi farebbe piacere il lettore scoprisse leggendolo.
Maria Sardella racconta questa storia stabilendo con il lettore un'intimità che porta a scorrere le pagine pensando che a raccontare sia qualcuno che conosciamo e che ci dispiace sia fatto soltanto di parole.
Le parole sono un altro aspetto importante della narrazione, tanti sono i vocaboli legati alla tradizione che vengono proposti dando modo di poter comprendere e meravigliarsi di un tempo che non c'è più e che si scopre intriso, contemporaneamente, di poesia e concretezza.
Ho amato il dialogo tra due dei protagonisti sulla scrittura e sui personaggi, ho ritrovato nel loro scambio tante sensazioni che io stessa provo e tanti pensieri che ho, come questi:
«[...] Le storie inventate, belle o brutte che siano, parlano della vita. E chi le racconta si espone in esse, talvolta senza saperlo. Espone la sua ricerca di verità.»
«[...] Gli scrittori inevitabilmente parlano di se stessi. Raccontano sempre la stessa storia in travestimenti diversi. La loro. [...] Sono come bambini con le loro bugie, nascondono spesso delle verità tenute celate a stento. [...] Le storie sono travestimenti leggeri, che volano via al primo soffiare di vento, come la gonna ampia di una bella signora a passeggio, sollevata da una folata improvvisa. Gli scrittori, parola dopo parola, aggettivo dopo aggettivo, scoperchiano pentole diaboliche. Sono del tutto privi di pudore, esposti, bugiardi matricolati diresti, ma cercano sempre qualcosa in più della mera apparenza. Per lo meno ci provano.»
«Qualche volta penso sia faticoso essere personaggi. Non li invidio. Lo scrittore muove le fila come un burattinaio, fa dei personaggi ciò che vuole. Ha il controllo totale su di loro e li tiene in gabbia. Meglio essere una persona, così si ha sempre un'altra possibilità, un'alternativa. O almeno ti illudi possa esserci.»
Rispetto a quest'ultima frase, sento di dire a Maria Sardella, che sono sicura che i suoi personaggi, se potessero comunicare il loro pensiero, la ringrazierebbero per la storia che ha voluto donare loro; una storia capace di far riflettere, sorprendere, ricordare, far conoscere, emozionare, ridere e commuovere. Una storia di quelle che è raro incontrare e che io mi sento fortunata di aver potuto leggere.
Valentina, altro che sghemba o distratta! Non ti ringrazierò mai abbastanza per le tue attenzioni.
RispondiEliminaMaria, ho letto "La luna in gabbia" e mi ha dato tanto, restituire l'entusiasmo di questo tesoro ricevuto, per me, è il minimo. Grazie a te per averlo scritto <3
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