8 dicembre 2009

my Christmas tree

Albero rosso, Mondrian



Hai mai visto un albero di Natale così?

Io sì: il mio!


Auguri!


5 novembre 2009

suono di vetro


Tra le linee di un sorriso
abita un suono:
carezza liquida
su un cerchio di vetro.

23 ottobre 2009

violapensieri

È un violapensiero
quello che oggi mi conduce
a te.
Non me lo so nemmeno spiegare
Non credo di aver voglia di spiegarmelo.
E non si tratta di soffi azzurri su petali di margherita
né di mani che sfiorano pensieri giallo miele.
Sono violapensieri
null'altro.
Solo piccoli, evanescenti e opachi
pensieri:
viola.

10 settembre 2009

passi




Passi, veloce, come cometa, come respiro, come battito d'ali giocoso. Passi, distanti, eco sublime tra le pareti dell'altrove. Passi e non so più dove sono e non so più cos'è questo respiro che fingo di possedere, che irrora i ricami di luce di un suono, scivolando nel blu profondo di questo cielo che m'avvolge.



1 settembre 2009

imbarazzo di luce


Un nastro di luce arancio mi ha preso la mano, l'ha legata ad una mezza luna rossa con un solo occhio, socchiuso. Intanto, le nuvole velano pensieri amaranto che tanto somigliano ad una mongolfiera. Tu ridi ed io stessa rido di questi occhi di sole. Lo faccio in silenzio, nello stesso silenzio a cui ho regalato una promessa avvolta in un nastro di luce, imbarazzato dal sole.




10 agosto 2009

quasi non...




È come d’un sogno vestita, nuda come solo i sogni possono render la pelle quando la sfiorano. Di carezze fluttua la sua anima, come una stella in cerca d’un cielo. Cerca riparo, lei, che non ha paura d'esser sola, lei che intreccia desideri a code di stelle comete.
Ha bisogno solo d’un colore, uno solo e poi…
e poi non lo sa, proprio non lo sa e nemmeno vuole saperlo ché tanto questa è la notte in cui i desideri si sciolgono dalle code delle comete, bendano gli occhi colmi di brama e diventano realtà. A occhi chiusi. A occhi chiusi è così e lei lo sa. Lo sa, mentre con gli occhi al cielo si stringe in un abbraccio tutto suo ed in punta di dita suona una melodia che solo le stelle danzeranno e lei con loro, solo per questa notte, solo per lei.

[È la notte dei desideri
...
e quasi me ne dimenticavo
...
e quasi non la sentivo
...
e quasi non mi ascoltavo]




3 agosto 2009

La signora in giallo

Una volta ho inseguito un riflesso di sole, aveva le sembianze di una vecchina che sbuffava nel suo camicione giallo, avrei voluto catturarla, ma l'ho persa. - Sarebbe perfetta sul mio davanzale- ho detto, tra uno starnuto e l'altro. Ormai rassegnata, mi son diretta verso il castello sul mare, ed ecco che, all'ultimo piano, l'ho ritrovata: era in un riflesso giallo appesa al muro nella sua casa che aveva le stesse dimensioni di un quadro. Mi son guardata attorno, il cielo era sereno, il mare taceva e nessuno, ma proprio nessuno, si sarebbe mai accorto del mio piccolo rapimento. Adesso è lì, sul mio davanzale, indossa dei piccoli abitini con le maniche che sembrano le ali di una coccinella, solo che son tutte verdi. La signora in giallo, perché è così che la chiamo, ha una cugina che vive in città, si chiama Lispeth, è una brava signorina, forse solo un po’ troppo vanitosa. Ogni tanto, la signora in giallo, prende i suoi bigliettini color crema, la penna stilografica ed invita la cugina di città a prendere il tè. Lo fa a suo modo, scrivendo di pattìni galleggianti, onde sorridenti e tanta, ma proprio tanta, voglia di guardare la vita attraverso il vapore di un buonissimo tè al girasole. [Tutto questo è vero, la signora in giallo esiste ed abita il mio davanzale, inseguendo il sole]


^


Buone vacanze a tutti

30 luglio 2009

estate [come la vorrei]



La vorrei come di sole e luce, come di brezza leggera, come se tra le immagini sfocate, animate dalla sabbia, ci fosse una promessa.
La vorrei di sorrisi e impressioni azzurro arancio sfumate di rosa, come di un imbarazzo improvviso sussurrato dal cuore, come di risa che solleticano la pancia.
La vorrei come non ne ho mai avute, come la gioia degli occhi che vivono l’anima, come i sogni che custodisco tra le ombre e che non vedono l’ora di fare un bel tuffo nel sole.
Intanto, mi preparo alla partenza...





10 luglio 2009

tra le strade



Tra le strade dei miei pensieri ho ritrovato il sapore della pioggia, la meraviglia dell’arcobaleno e il calore di un tramonto rubato al dover fare di una giornata d’estate. Ho vuotato la borsa delle intenzioni e vi ho riposto libri d’arte e musica per sognare, occhi curiosi da illuminare e vestiti sottili come fili d’erba da annodare. Ho ritrovato un sorriso e la voglia di andare, mi hanno ritrovato piccole mani che stringevano forte un aquilone da liberare.





"Se tutto ciò che cerco nasconde un movimento
Quale destinazione può incontrarci " (*)
(*) Strade, Subsonica

7 luglio 2009

pensieri alla fragola




Fragole fuori stagione, impregnano i miei pensieri d’inchiostro. Tento una fuga da tutto, anche un po’ da me, rifugiandomi nel respiro del pensiero. Profuma di casa, porto sicuro di un tempo in cui potevi trovarmi nel codice segreto di un incontro di luci. Smetto di parlare con me, smetto di voler a tutti i costi comprendere.
Non sopporto i silenzi vuoti (punto)


"Non è non è non è che non ti capisca
però però non ho tempo
domani domani domani chi sa?" (*)

2 luglio 2009

viaggio


Avrei preso quel treno anche se fosse stato in corsa. Ci sarei saltata su, come salta l’incertezza la pelle che riconosce gli occhi. Senza bagaglio, se non l’attesa accarezzata tra le parole di una canzone e le macchie d’inchiostro di un vecchio libro ingiallito. Avrei sorriso ai miei occhi riflessi sul finestrino con la consapevolezza che il viaggio non è che una promessa che scivola tra le porte scorrevoli dello scompartimento d’un treno. Sarei stata puntualmente in anticipo: lo avrei preso.Lo avrei preso anche solo per quella tua espressione buffa che mi aspettava alla stazione e che rideva sotto i baffi, mentre mi legavi il cuore stringendomi le mani.

ascolta(mi)


Disegnami la strada per il mare. Di sale. Fanne un dipinto e affidalo al dorso di un gambero. Disegna. Come fosse una mappa cifrata. Al contrario, dal mio tempo al tuo. Fa' che mi ritrovi nel tuo sorriso, spelonca incantata avulsa dal tempo, dolce ricovero per la mia anima errante avvinta al canto delle tue linee di sale.

ascolta
(mi)

(Qualche volta mi fermo ad ascoltare la pioggia, è in quel suono sottile che ritrovo le nostre mani che fanno l'amore)


odore di partenza


Odore di partenza. Polvere di carbone inghiottita nella caligine. Un bagaglio ancora da comporre. Fogli sgualciti, imbrattati d’inchiostro, sistemati alla meglio: a caso, come conviene che sia. Scarabocchi avvolti nelle lenzuola bianche e un mazzo di note colorate immerso nell’odore di bucato, sperando che stinga. Una fossetta, nascosta dalla polvere di carbone e una f da inghiottire. L’ultima lavatrice di parole sta quasi per asciugare. La f è rimasta bloccata nella centrifuga: abiterà lì. Il bagaglio è pronto, i capelli avvolgono i pensieri come una sciarpa e l’odore di partenza, adesso, si può quasi toccare.

Quando ho tirato giù le parole dallo stendino, ho trovato anche
queste,le ho riposte tra le lenzuola bianche e il biglietto di sola andata.

dondolando su un'altalena di luce



Imprimi, in questa melodia d’effluvi di tempo, il colore dei bagliori dell’alba. Tu, mio diletto auleta dal timbro soave, soffia armonie di luce e fanne prezioso drappo per i nostri giochi d’ombra da vestire. Tra l’adagio e l’allegro, dondolo sulle tue ciglia socchiuse, mentre mi vivi in un’altalena di luce.

sogno tulipani




Raccontami il sapore delle nuvole. A voce bassa. Raccontamelo, come fosse solo nostro. Rincorri queste vaghe chimere, chiudimi gli occhi con un bacio e fammele assaggiare mentre sbuffano come vele nel vento. Ascolto il sapore delle nuvole, dalle tue mani, nei miei occhi. A voce bassa. Mentre tutto corre e tutto ha il sapore di un sogno che sbuffa.

Stanotte mi tenevi la mano, mentre io mi addormentavo su un letto di tulipani.



baci profumati di nardo


Scivola tra le mie mani il tuo sorriso. Lo riporto a me, disegnandolo sulle mie labbra. Rido, con i miei occhi e le tue labbra. Il mio sorriso scivola tra le tue mani. Adesso. Lo disegno sulle tue labbra. Con un bacio. Mi stringi, nel silenzio del tuo sguardo serio, ma io, ho ancora il tuo sorriso sulle mie labbra e negli occhi suggello una promessa con profumatissimo olio di nardo.

C'è un angolo del mio sorriso che somiglia al tuo, è lì che sono quando ho nostalgia del profumo di nardo.



abbracci d'inchiostro e desideri di zagara



Scrivi. Ancora. Dipingi quello che anima gli occhi nel sogno. Sono nidiace tra le tue braccia d’inchiostro, dimoro nell’abbandono a questa serica sensazione d’appartenenza. Intanto nevicano petali di zagara. Nivei, come le nuvole che attutiscono i miei ritorni al reale. Fuori dal sogno, io, mi perdo. Ti perdo. Scrivi. Ancora. Parole, nido per cullare l'attesa che questo abbraccio d'inchiostro sia calore e non più soltanto rivolo di desiderio .

Ci ritroveremo nel vento, ti condurrà a me il profumo di zagara.

il suono della mia pancia



Qualche volta mi perdi. Dici che non sai dove sono, mi cerchi in una parola, in uno sguardo sospeso, nelle figure che disegnano le ombre delle mie mani. Areni sull’esitazione di un’ipotesi. Eppure, io ci sono, non mi nascondo. Sono soltanto nella mia pancia. È lì che puoi trovarmi quando, come nereide, gioco con le onde dei sensi e dei pensieri faccio collane di corallo e perle.

Te l’ho sempre detto, prima di innamorati dei miei pensieri, innamorati della mia pancia.

ebrezza di stelle e desideri




Oppongo una frale resistenza alla tentazione di assaggiare ad una ad una le stelle di questa notte da assaporare. Mangio stelle e parole incerte sul ballatoio di labbra abbandonate al desìo di raggiungerti. Bevo anima e desideri. D’improvviso, son' ebbra di luce. Tengo l’equilibrio su questa mezza luna che ride del tuo stesso sorriso. Spengo la luce e mordo le labbra. Riconosco il tuo sapore.

memorie in battiti di ciglia

Il tempo scandisce la memoria in battiti di ciglia. Scruto, con discrezione, tra ricordi affastellati. Sospesi. Svaniscono lentamente ombre e luci nell’atmosfera affumicata di un caffè di notte. Perdo per sempre immagini e profumi nelle esalazioni di un’intenzione. Lieve è il dondolare sul filo della memoria attorcigliata ai polsi. In quel ritmico pulsare vivono e si tingono di rosso passioni mai sopite. Trattengo un sogno nello sciogliersi dei pensieri che penetrano la terra e ne fanno culla fertile per emozioni ritrovate. Ricordo, solo quello che si è impigliato tra i rami bluastri dei polsi. Null’altro, solo pulsanti e vivi ricordi bluastri.

improvviso.piove



Improvviso. Scarmigli i capelli intrecciandoli con nastri liquidi. Sulle labbra il sapore della tua presenza. Afferri, mani che ti stringono. Discendi lungo le braccia disegnando la linea del seno. Ti nascondi nelle curve dei fianchi e poi giù a cinger le caviglie. Legame, custodito nella stretta alle viscere. Respiro a fatica, assaporo la tua presenza fondendo la mia gioia ai tuoi percorsi sul mio viso. Vestita d’alchimia di luce, ti catturo in un’allucinazione olfattiva. Piove.



tempo rubato annodato

 

Tamburello sulle intenzioni musicandone il senso. Tormento gli archi sorpresa dall’inattesa curva di un ricordo. Pausa. Nel respiro di fiati dimenticati, catturo fotogrammi di sguardi sospesi. Ascolto. Suoni nuovi intagliano i sensi in un tramonto di rame. Meraviglia. D’anima e pelle, sinfonia di melodiosa appartenenza in tempo rubato.

Annodo la partitura e ne faccio memoria

A sanguigna


Riverbero di un sogno. Più presente della presenza del sogno stesso. Insegue la sera, solcando il sentiero di ghiaia incipriato dalla luna. Irriverente giocolare di luce - il sassolino di destra balza a sinistra, quello di sinistra si rifugia, lesto, a destra stando ben attenti al sassolino centrale. Equilibrio nella sospensione – il sassolino centrale garantisce la riuscita del gioco, è tutta una questione di tempi e traiettorie di vento. Coacervo d’impressioni e ricordi rarefatti nella spolverata di cipria della luna e il sassolino centrale funamboleggia a fatica. Velocità, concentrazione, calcolo del giusto tempo. Il sassolino centrale fugge via. Indossa un mantello con le ali, dipinge il volto di rosso, disegna la luna nel sorriso e, con uno starnuto, cerca il suo equilibrio tra le fiamme dei fachiri. Tutto questo non è che il riverbero di un sogno disegnato a sanguigna.


verde incastonato nella neve


Aveva gli occhi grandi e verdi incastonati nella neve, è l’unica cosa che si potesse affermare con certezza sul suo conto, il resto, giaceva in quegli occhi sospesi come laghi. Dicono che sia arrivata qui con la pioggia e che, l’ultima immagine che si abbia di lei sia un gran bel balzo in una pozzanghera, poi, il nulla. Una scena incredibile: un salto nella pozzanghera e, quegli occhi di lago, non c’erano più. È arrivata con la pioggia, almeno così raccontano, stretta in un lungo vestito vermiglio che stonava con la neve del suo viso e con quell’aria accigliata di dicembre. Stringeva sempre una risma scomposta di fogli bianchi, la tratteneva come se tra le mani stringesse il più prezioso dei tesori, non se ne separava mai e qualcuno si chiedeva se li avrebbe mai lasciati andare. Le poche volte che si intratteneva a scambiare qualche parola con qualcuno, raccontava che su quei fogli c’era tutta la sua storia, una storia che si completava di giorno in giorno per questo aveva sempre poco tempo per le parole, doveva assicurarsi che tutto fosse scritto e c’era ancora tanto da riempire. La cosa strana, però, era che nessuno aveva mai scorto traccia d’inchiostro su quel candido tesoro a cui prestava tanta cura. Tutti si chiedevano cos’avesse da sorridere, da piangere, da pensare, la si poteva scorgere intenta nell’osservazione di quei fogli e discernere la fossetta a sinistra che veniva fuori solo con il più bello dei sorrisi, oppure crucciarsi e notare solchi di lacrime sulla neve del suo viso, alle volte, poi, si perdeva in pensieri che nessuno osava chiedersi dove la conducessero, tanto era distante con lo sguardo. I fogli continuavano ad essere bianchi. Di lei non si sapeva nulla, ancor meno si scorgeva da quegli occhi grandi e verdi incastonati nella neve. L’ultima cosa che si sa è che un giorno scomparve in una pozzanghera, con un gran balzo. Una scena incredibile, il vestito vermiglio si dischiuse come una rosa, i capelli ondeggiarono come spuma di mare, le braccia strinsero il vento e giù. Rumore sordo, parole confuse scritte su fiocchi di neve, la sua storia ancora tutta da scrivere e il suo segreto ancora solo per lei.

accadeva la sera


Accadeva la sera, il manto onice aveva coperto tutto quel che c’era da coprire, anche i suoi pensieri. Sedeva, con aria assorta, sul gran ceppo che dominava la parte sinistra de giardino che, al calar delle tenebre, era resa quasi invisibile all’occhio scrutatore del giorno. Abitava quel luogo tutte le volte che refoli sottili facevano sussultare il suo animo. Era come fosse altrove, come se quel che la circondava fosse parte di un luogo a cui lei non apparteneva. Lontano. Intrecciava, con movimenti lenti e puntuali i suoi lunghi capelli corvini, per poi raccoglierli in un perfetto chignon, appuntato con un piccolo rametto d’ulivo. Le piaceva sistemare così i capelli, si assicurava che fossero perfettamente in ordine, poi, lasciava cadere le braccia lungo i fianchi come al termine di una gran fatica. Si abbandonava a quel senso di pace, godeva della discrezione che il manto onice della sera le regalava. L’oscurità le dava l’illusione di rendersi invisibile, era così che risaliva la cuspide dei suoi pensieri, era così che li raccoglieva con meticolosità lungo il cammino, proprio come quando, con tutta la cura di cui era capace, intrecciava i capelli. Sentiva di quietare il suo animo, mettendo ordine, nonostante continuasse ad intrecciare pensieri. Accadeva la sera ed accadeva anche tutto quello che di giorno non riusciva a farsi ascoltare. Un leggero movimento rompeva l’immagine statica di quel lembo d'esistere scampato al tempo, le braccia risalivano lungo i fianchi fino a chiudersi in un abbraccio. Il suo, era uno di quegli abbracci che lasciano spazio ad un arrivo certo. Era lì, in quell’abbraccio aperto, che raccoglieva lo chignon dei suoi pensieri, era lì che cullava tutta la sua attesa.

pensieri arrotolati




Era una di quelle mattine che di sfilarsi dal letto non ne hanno alcuna intenzione, ne ascoltava il respiro pesante, fasciata nel lenzuolo da cui faceva fatica a separasi. Pensò che sarebbe stato bene srotolare i suoi dubbi incastrati nella tapparella della finestra che dava sul mercato. Aveva sempre pensato quella finestra le somigliasse, sbirciare da lì era come fotografare un piccolo scorcio tra i suoi pensieri. I suoi, erano pensieri profumati di spezie, cangianti come taffetà e scivolosi come seta. Pensare che ci provava ogni volta ad afferrarli, li accarezzava, li teneva tra le mani, ma, al momento di trattenerli, le scivolavano via e cadevano leggeri, adagiandosi con delicatezza al suolo. Quando non c'era vento, altrimenti volavano via con la stessa velocità con cui avevano cambiato colore. Si nascondevano. Poteva trovarne traccia nel vociare concitato per la contrattazione di un metro di stoffa, nel prezzo d’affare gridato a gran voce, nell’odore forte del banco dei formaggi, nelle risa delle ragazze in cerca d’occasioni, tra le bancarelle e nei colori del banco della frutta. Quella mattina, il mercato non c’era, era una di quelle mattine che di sfilarsi dal letto non ne hanno alcuna intenzione. I pensieri erano tutti da srotolare e non erano seta né profumo di spezie, non erano risa né colori. Erano soltanto pensieri da srotolare, facendo meno rumore possibile e chiudendo gli occhi per quel che si poteva ché, quella mattina, del calore del mercato non se ne annusava neppure l’ombra.



riflesso d'attesa


Aspettava. La gente correva, ciarlava, spintonava, si riparava. Pioveva a dirotto, ma lei sembrava non curarsi di tutto quel fare, di tutto quel dire, se ne stava lì, in un angolo sotto la pensilina, con lo sguardo rivolto verso la vetrina del negozio di fronte, come se aspettasse. Aspettava. Qualcosa, qualcuno, chissà. Tutt’intorno rumore e velocità, dentro silenziosa attesa. Era chiaro come tutto quel frastuono non la riguardasse, lei esisteva nel suo silenzioso pensare, trovava conferma dell’esserci nel riflesso dei suoi pensieri su quella vetrina. Sentiva. Senza dire, senza fare. Sentiva, nel movimento stesso dell'attesa, protetta dal riflesso dei suoi pensieri sulla vetrina di fronte.

7 giugno 2009

perché so che ci sei




Stasera voglio parlare proprio con te. Lo so che non puoi ascoltarmi, che tutto quello che dirò non ti arriverà mai, ma io devo dirtelo. Ti devo raccontare di un posto nuovo in cui gioco a fare la sognatrice sensuale che poi lo sai che io non la so fare che poi mi viene da ridere al solo pensiero di fare la seducente e sai anche che anche quando mi capita di esserlo è solo per sbaglio, non è che ci metta intenzione. È che ci sono delle canzoni che proprio parlano, ah sapessi quanto parlano e io, te la regalerei anche una di queste, ma non so come fare. Io non so nemmeno dove sei, non ho un indirizzo e non saprei nemmeno da dove iniziare se dovessi cercarti. Facciamo così, io continuo a pensare a te, continuo ad ascoltare tutto quel chiacchiericcio di canzoni e ti do un appuntamento. Perché io e te, prima o poi, ci ritroveremo, io lo so! Ti aspetto nel sogno più bello, aspetto i tuoi occhi e le tue mani e quel bacio che mi farà dimenticare tutto il tempo trascorso senza te. Allora, ciao!



22 maggio 2009

tisana alla liquirizia



Perché bevo acqua come fosse tè? Proprio così, stringo la tazza nel tipico modo in cui si stringe una tazza piena di tè caldo, la cingo con delicatezza, chiudo gli occhi, avvicino il naso per sentirne l’odore e mi aspetto anche di avvertirne il calore, invece: niente! Logico, nella tazza c’è solo e soltanto acqua tiepida, ma io la stringo come se ci fosse tè. Sì, dentro c’è un buonissimo tè speziato, arancia e cinnamomo e, nonostante i 30 gradi, che mi ricordano che sarebbe tempo di andare al mare, io devo sentire il calore del tè e voglio anche che profumi di arancia e cinnamomo, no, no, non sono pazza, il tè c'è per davvero (dicevo io) altrimenti, perché stringerei questa tazza come se ci fosse proprio del tè? “Voglio”, “devo”, ovvio, dico io! Non sono forse i sogni in cui perseveriamo di più quelli che prima o poi si avvereranno? Non è quello che desideriamo con tutti noi stessi che, poi, certamente arriva? Balle! (L'ho detto). E sai che ti dico? Che quest’acqua non è sicuramente il miglior tè che abbia mai bevuto, che adesso un buonissimo tè caldo me lo preparo io, nonostante i 30 gradi, nonostante tutto il rumore del sole e, stavolta, il tè non dovrò sforzarmi neppure un po’ di vederlo, di annusarlo, di sentirlo, il tè lo stringerò tra le mani non più come se fosse , ma per come sarà per davvero! E se mi preparassi una tisana alla liquirizia? (direi!)

15 maggio 2009

C-I-A-O



Cantic del sol (1975) - Joan Miro


Riempio un foglio in bianco con una storia senza parole, sorrido per una storia piena di parole, avrei tante parole da dire e non posso. Eppure, c’è così tanto silenzio che mi sembra d’impazzire. Parole, parole, parole. Silenzio. Com’è che mi viene da tapparmi le orecchie, com’è che farei volentieri a meno di ascoltare, com’è che anche se disegno ci sono parole? Su un foglio bianco A4 c'è una storia di 15 vignette. In quel foglio A4 ci sono due personaggi buffi con i capelli spettinati, un dolce, un aquilone e un cappello da cuoco. Nelle nuvolette della storia con i personaggi buffi, nel foglio A4, non ci sono parole, ma altri disegni, c’è una lampadina che brilla , ci sono fogli di carta colorata che volano e poi zucchero, farina, uova e una nuvola bianca che balla il twist con la frusta per dolci. Mi si son frullate le parole, mi si sono accese due lampadine e il sole se la ride. Nel foglio A4 c’è qualcuno che vuole fare un regalo e lo fa in silenzio. Shhh! Non deve saperlo nessuno, non deve vederlo nessuno: è un segreto. C’è un personaggio buffo con i calzoncini corti che aspetta una sorpresa, e non lo sa. C’è un regalo di carta colorata che non vede l’ora di volare via, e lo sa. Ho riempito un foglio bianco con questa storia senza parole, ho sorriso per una storia piena di parole, ma ho ancora tante parole da dire. Silenzio, ancora silenzio, e io che riesco a dire solo “ciao”. Buffo, vero? Riesco a dire solo quattro lettere - C-I-A-O - invece di usare un’altra parola che di lettere ne richiederebbe 5 e che, forse, metterebbe un po’ di pace tra tutte quelle chiassose parole mute.


12 maggio 2009

pensieri filanti

(Senza titolo) Sole Rosso 1967, Joan Miro


Ci ho provato ad arrivare puntuale, ce l’ho messa tutta, alla fine sono soltanto 11 minuti d’anticipo, che vuoi che sia? Undici minuti, volevo essere puntuale, te l’ho detto, ma proprio non ci sono riuscita. Cosa ho fatto in quegli 11 minuti? Ho cucinato, ho aperto a caso il libro delle ricette ed è venuta fuori quella dell’insalata di stelle filanti, ti sembrerà incredibile, ma avevo tutti gli ingredienti, persino la polvere di stelle, ce l’avevo nascosta nella tasca interna della borsetta, ne porto sempre un po’ con me, sai, all’occorrenza… A pensarci bene, mi mancava qualcosa, no, le stelle filanti le avevo, ne tengo sempre qualcuna nel nascondiglio segreto della manica sinistra, quello che uso quando faccio le magie, ecco, adesso sai come le faccio le magie, poco male, mi fido di te, so che non tradirai il mio segreto e, per quanto mi vuoi bene, continuerai a far finta di meravigliarti e mi sommergerai di domande su dove sia finito il tuo fazzoletto. Mi vuoi bene? Mi vuoi così bene da mangiar tutta l’insalata di stelle filanti? Mi vuoi così bene da far finta che sia arrivata puntuale? Solo 11 minuti d’anticipo, volevo, volevo tanto arrivare puntuale, però, ho cucinato l’insalata, ho decorato questa stanza di pensieri filanti, non li senti come ti stringono, come ti accarezzano? Hai visto che bella magia? Guarda là, guarda che bello, no stavolta il nascondiglio segreto della mia manica sinistra non c’entra, guarda come galleggia il sole. 11 minuti... credi di potermi perdonare? Volevo arrivare puntuale, ci ho provato, ma le stelle filanti, il sole, la magia…tu! Tu, sì, anche tu, proprio tu ché anche se non ci sei ci sei lo stesso e mi confondi e nemmeno i miei trucchi segreti funzionano più, poi arrivo con 11 minuti d’anticipo e non ci sei, poi il sole galleggia, ti cerco e non ti trovo. E sì che ho cercato bene, anche dove nascondo di solito il tuo fazzoletto, non ci sei. Ti sembra serio? A me no, ma sai che ti dico? Io ho la mia insalata di stelle filanti, la polvere di stelle e la magia. Aspetto, 11 minuti, tutti gli 11 minuti del mio anticipo e se non arrivi…se non arrivi, l’insalata di stelle filanti la mangio tutta io e mi faccio cullare dal sole. Credo farò dei sogni bellissimi. Credo anche che, se non ti sbrighi, di insalata ne troverai ben poca!

8 maggio 2009

rosso


Paesaggio con coniglio e fiore, 1927, Mirò


Vorrei partire, prendere gli occhi e portarli via. Farmi un regalo, uno di quelli con la carta colorata. Rossa. Mettere tutto nel cilindro di raso e liberare il coniglio. Ciao bianconiglio, mi regali il tuo cilindro? Mi serve per impachettare tutto, è un regalo. Rosso. Vorrei partire, prendere gli occhi e portarli via. Bianconiglio, il cilindro! Il cilindro, per favore. È per il mio regalo, è per i miei occhi, è per tutto questo viaggio ancora da iniziare. Rosso. Bianconiglio vieni con me?
Prendiamo i miei occhi e li portiamo via. Inventiamo un regalo nel cilindro! Rosso. Bianconiglio ci sei? Bianconiglio, se vuoi. Il bianconiglio è libero, il bianconiglio va via - ciao bianconiglio - e io? Io, dove sono? Sono nel cilindro, sono tra le pieghe della carta rossa, scivolo sul raso del bordo del cappello, sono nei miei occhi. Li porto via. Mi porto via. Tutt'intorno è. Rosso.


5 maggio 2009

4 maggio 2009

scriock

Ho voglia di miele, a me il miele non è mai piaciuto. Preferisco rinunciare alle arance, a me le arance son sempre piaciute. Mi ricordo, quando stavo per rubarne una dal cesto della donna con arance di Renoir, sarà stato anche olio su tela, ma che profumo quelle arance e che gusto, ho dovuto rinunciare, mi sarebbe costata troppo! Adesso ho voglia di miele, non che sia raffreddata, ma ho voglia di prenderne un po' con le dita e disegnare qualcosa, lì, sì, proprio lì, su quella tela vuota. Però, a pensarci bene, se mescolassi il miele con le noccioline e lo zucchero? Ne verrebbe fuori un bel croccante, il croccante non l'ho mai fatto, ma c'è una prima volta per tutto, no? Ecco, se facessi un croccante, ne addentassi un pezzetto e sentissi un bello scriock, forse mi verrebbe l'ispirazione e potrei disegnare. Così, tra uno scriock e l'altro potrebbe venir fuori qualcosa di bello. Mi son trovata di fronte a certi suoni dipinti che non ti dico e se tutto fosse partito da un solo, piccolo, deciso... scriock? No, le patatine non vanno bene lo stesso, quelle fanno crock, qui, invece, ci vuole proprio uno scriock al miele: dov'è il miele? Su, prendi miele zucchero e noccioline, accendi il fuoco, prendi la pentola di rame e mescoliamo il tutto. Certo che è necessario ci sia anche tu, devi esserci! Altrimenti, poi, faccio il croccante, poi faccio scriock e poi, mica lo so se è lo scriock giusto, se viene fuori proprio Quello scriock? Il croccante è quasi pronto, la matita è ansiosa di iniziare a disegnare ed io...io? Io sto per fare...scriock! È quello giusto. Dimmi di sì!

20 aprile 2009

tip tap alla liquirizia

Stasera scrivo, o ti scrivo? Scrivo ché tanto a scriverti non ci riesco, scrivo di quello che non riesco a raccontare, perché poi lo so come finisce. Come finisce? Finisce che lo racconto come non c’è, no, no, non ho sbagliato, volevo scrivere proprio così “come non c’è", perché di fatto non c’è, perché di fatto tu non ci sei. Evito sempre il “c’era una volta”, mi mette malinconia e poi perché “c’era una volta?” ah, basta io voglio quello che c’è. Adesso. Schhh… silenzio, non senti anche tu? No, non è semplicemente la grandine, è un tip tap, non lo senti? Il tip tap, prima d’ogni altra cosa si sente, io lo sento forte, anzi, per dirla tutta ha un suono squillante e vivo e lo so che tu non sai ballare, ma io non resisto e un giro lo faccio. Come fai a non aver voglia di alzarti? Guarda come scivolano bene queste scarpette di vernice liquirizia, guarda come son buone da mangiare queste scarpette liquirizia e guarda come fanno tip tip tip tap tip tip tap tip… tip…ti porterei con me, ah se lo farei, ti presterei anche le scarpette di liquirizia e so che scoppierei a ridere, perché le mangeresti tutte, perché tu ed il ballo proprio non riuscite a fare amicizia, però sarebbe bello. Mi faresti ridere ed è davvero tanto tempo che…

La nuit, Mirò

Stasera vorrei addormentarmi in un quadro di Mirò, quello con la luna verde. Ascolta, non senti anche tu che bel tip tap, non vedi come ride anche la luna, non vedi come rido anch’io? Schhhh..tip, tip, tip, tap, tip tap. Sapore di liquirizia.


"Fuori Vento, temporale fogli di giornale a volare agitati
sui viali dei parchi spogliati
Fuori buche da saltare
strade in salita biglietti da fare qualcuno che invita ,
che viene a chiamare
Fuori è arrivata l'estate
E' una notte di frasi avverate, di carte girate"(*)

(*) Sembri una foglia, Pacifico


2 aprile 2009

Io...un po' Piccolo Principe, un po' volpe

(io...un po' piccolo principe, un po' volpe)

In quel momento apparve la volpe. "Buon giorno", disse la volpe.
"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo... "
"Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino... "
"Sono una volpe", disse la volpe.
"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste... "
"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata".
"Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire "addomesticare"?"
"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?"
"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire "addomesticare"?"
"Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?"
"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici.
Che cosa vuol dire "addomesticare?"
"È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami...
"Creare dei legami?"
"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
"Comincio a capire" disse il piccolo principe. "C'è un fiore... credo che mi abbia addomesticato..." "È possibile", disse la volpe. "Capita di tutto sulla Terra... "
"Oh! non è sulla Terra", disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa: "Su un altro pianeta?"
"Si". "Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"
"No". "Questo mi interessa. E delle galline?"
"No". "Non c'è niente di perfetto", sospirò la volpe. Ma la volpe ritornò alla sua idea: "La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... " La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: "Per favore... addomesticami", disse.
"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".
"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino... " Il piccolo principe ritornò l'indomani. "Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro,dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore. Ci vogliono i riti".
"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe. "
Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangerò".
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi... "
"È vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"È certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore ...del grano". Poi soggiunse: "Và a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose. "Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo". E le rose erano a disagio. "Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perchè è lei che ho innaffiata. Perchè è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perchè è lei che ho riparata col paravento. Perchè su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perchè è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perchè è la mia rosa". E ritornò dalla volpe. "Addio", disse.
"Addio",...disse la volpe.


"Ecco il mio segreto.
È molto semplice: non si vede bene che col cuore.
L'essenziale è invisibile agli occhi".

"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.
"È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"È il tempo che ho perduto per la mia rosa... " sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato.Tu sei responsabile della tua rosa... "
"Io sono responsabile della mia rosa... " ripetè il piccolo principe per ricordarselo. (*)

(*) da Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupéry

27 marzo 2009

tempesta di nuvole



La voce del sangue, Magritte




Ti ho portato con me stasera, eri nel passo veloce della mia ombra lunga, mi camminavi accanto riflesso nel sorriso di falce di una luna viola. Correvi. Correvamo insieme, verso castelli di nuvole indaco, con i pensieri ricamati in ragantele di fili intrecciati d'argento. Tutt'intorno era fuoco, tutto era ombra silenziosa e veloce. Ti ho portato con me stasera, poi ci siamo lasciati. Ci siamo lasciati lì, in quel cielo viola abitato d'indaco e fuoco. Ci siamo lasciati lì, nel bel mezzo di una tempesta di nuvole.



24 marzo 2009

in silenzio


Meditazione, F. Hayez

28 febbraio 2009

nevicano fiori di pesco

" Sei proprio bella oggi, sembri un'altra persona" (mamma)


Ripenso a certe sere che proprio non riesco a dimenticare, ci sono io seduta su un improbabile sgabello di pietra che mi son sempre chiesta come fosse arrivato fin lì, su quella terrazza colorata di voci. Ci sono io con un pensiero azzurro, io che canto sottovoce e arrossisco, la mia canzone racconta pensieri rosa di cui faccio finta di non accorgermi. Sono sere di marzo, tra le più belle, quelle che promettono la primavera mentre nevicano fiori di pesco. Non che non ci fossero pensieri scuri, sulla mia terrazza ho ascoltato anche quelli, ma c'era sempre una canzone, c'era sempre la voglia di cantare e mescolare ai toni bui un po' di bianco. Alle volte, ho nostalgia di quelle sere, bastava così poco per trovare l'azzurro, mi bastava la mia terrazza, poco alla volta, venivano fuori i colori e, sorprendentemente, il cielo incominciava ad animarsi tra un fiocco e l'altro. C'era tutto quello di cui avevo bisogno: uno sgabello di pietra e una canzone sconosciuta da colorare tra un fiocco e l'altro di neve profumata di rosa.

Muchacha de espalda, S. Dalì

(Ieri ho salutato la mia terrazza da lontano, ho salutato le mie sere azzurre e sono andata via cantando una canzone nuova. "Hai ragione mamma, oggi sono proprio bella, oggi sono un'altra persona.")

21 febbraio 2009

sospesa





"...tra le mani la pelle si accendele tue mani il profumo sorprende 
tra le mani la bocca si arrende tra le mani la pelle si accendele tue mani la febbre si spegne"(*)


Chiudo gli occhi e mi trovo. Sorrido di un sorriso timido come il sole di marzo. Accarezzo il vento, muovo le dita e gioco con quel filo che ho perso un po’ di tempo fa. Un giorno stavamo giocando, ho chiuso gli occhi, era il mio turno, dovevo chiuderli io, ma quando li ho aperti, ho cercato e non l’ho più trovato.
Ho iniziato a sentir freddo, ho percepito il vuoto dell’assenza, ho avuto paura. Così, sono scappata e mi sono nascosta, io. Non sono pronta a uscire, a fare bagni di sole e nuvole, ma non ho smesso di cercare il mio filo. Non ci siamo persi per sempre, lo so, sento. È che io, a volte, lo sento proprio forte e, quando succede, chiudo gli occhi e gioco, come se lo avessi tra le dita. Così lo ritrovo, così ci ritroviamo.



(*) Sospesa, Malyka Ayane & Pacifico


Modigliani, Seated Nude

17 febbraio 2009

canzone spezzata





 

Occhi chiusi e un brivido. Come quando c’ero...


 
Quando c’ero ti raggiungevo su una nuvola amaranto, correvo sulla mia nuvola solo per salutarti prima che tramontassi. Che corse che facevo, correvo così veloce da respirami. Non so perché, ma i tramonti mi son sempre piaciuti, sì che c’è quell’istante in cui fa un po’ freddo, ma a me piace anche quello.
Perché chiudo gli occhi e non riesco a viverti di nuovo? Perché non riesco a respirarmi? Voglio colorarmi d’arancio, voglio quell’istante di freddo, solo un po’, solo per un istante, per quell’istante. È che io proprio non (mi) sento, è che ho nostalgia…
Lo so che mi guardi, me ne accorgo sai? Credi che non ci sia, invece sono lì seduta sul mio angolo di cielo spezzato, faccio attenzione a non tagliarmi e intanto ti guardo. Tu non ti arrendi, tu continui a guardarmi che quasi mi tocchi con gli occhi e io vorrei saltar sulla mia nuvola amaranto per raggiungerti, come una volta. Vorrei, ma non ci riesco. Ti guardo e non mi muovo. E lo so che mi aspetti, lo so che vorresti che dicessi qualcosa, che respirassi almeno. Provo a parlarti, ma non riesco che a gridare nel silenzio, questo silenzio che è tutta una canzone spezzata, un po’ come il mio angolo di cielo. Quando sarò pronta tornerò a salutarti, adesso no, adesso proprio non ci riesco, ti guardo da lontano e tutto quello che vorrei dirti, lo affido ai miei occhi e a questa canzone spezzata. Cerco di raggiungerti così, in silenzio, respirandomi per quel che posso.




16 febbraio 2009

sorpresa di Jericho

Sorrido del tuttoscorre del mio gelato affogato all’arancio di carota di Mirò, tutt’intorno è profumo di ciliegia vestito di fiori bianchi. Qualcosa sta cambiando, ah, me ne accorgo dai miei capelli, sono più svirgolettanti che mai , anche la mia piantina di valeriana si alimenta di storie nuove e cresce su fortissime radici d’amicizia e sorrisi. Poi ci sono i sogni, quelli, nonostante tutto, non muoiono mai e c’è questa canzone che è il regalo di un bellissimo fiore rosso racchiuso nel segreto di una sorprendente rosa di Jericho. Ascolto e non riesco a fare a meno di cantare…


13 febbraio 2009

ad occhi chiusi...

To wish...

Pablo, che sorpresa!

Oggi è quello giusto! Sì, l'ho capito stamattina guardandomi allo specchio, avevo il viso talmente stropicciato che quasi non trovavo più l'occhio sinistro, che poi sai dov'era finito? Si era nascosto dietro l'orecchio destro. Lo so che per te un occhio nascosto dietro l'orecchio non è una cosa strana, è proprio per questo che oggi è il giorno giusto per raccontare del nostro non appuntamento. Hai visto che sono arrivata puntuale? Ah, quell'origami di carta velina azzurra l'ho custodito come un tesoro tra le pagine della mia agenda dei non appuntamenti, così sono arrivata puntuale, proprio in quella non ora che non avevamo stabilita. Ho indossato un vestito nero, così avresti potuto sceglieri i colori da far brillare di più. Un solo punto luce: una stella marina bianco medreperlaceo, e pensare che non credevo di trovare tanto mare...

Nudo in spiaggia


...e in tutto quel mare, la mia sirena amica che mi aspettava!

(Volevo portarti con me e ti ho trovata qui, sei anima fluttante sulle onde di Pablo. Qui è tutto pieno di mare, è pieno di te. Penso che tu e Pablo vi apparteniate)


Ulisse e la sirena


C'era mare, tanto e colorato mare, ma c'erano anche delle sieste...

La siesta

...che erano un irresistibile invito ai sogni più belli, sogni di forme generose e tondeggianti immerse nel colore ed abbandonate al suono della musica sempre viva e diversa di Pablo


Ragazza con mandolino

Tutto quello che sembrava assolutamente certo non c'era più e la forme si perdevano e non riuscivo più a trovare confini e senso ed anche il bacio che credevo di conoscere , ti confesso mi faceva un po' paura...

Il bacio coi fiori

C'era anche il dolore, quello vivo e forte, violento e devastante, quello della guerra o dell'anima, quello che ti lascia senza parole e che ti fa soffrire come se uscisse dalla tela per afferrarti e portarti con sé

Donna che piange con fazzoletto

C'era Pablo! Arlecchino musicista, artista di colori e musica sempre diverso, sempre vivo e sorprendente

Arlecchino musicista



"La mia fortuna, e probabilmente la mia gioia più grande,
è che utilizzo le cose come mi suggeriscono la voglia e l'inclinazione del momento...
nei miei quadri uso le cose che mi piacciono"
(Pablo Picasso)

Ecco, per me Pablo è stata la sorpresa! Una sorpresa di quelle che quando le scarti rimani a bocca aperta, che ti lasciano la voglia di scoprire ancora, di giocare, di pensare, di vivere il più possibile come tra i tratti delle sue pennellate sulla tela. Una sorpresa che ho appena iniziato a scartare e che spero di riuscire a vivere ancora ed in modo sempre più intenso!Che ne pensi, credi abbia raccontanto bene il nostro non appuntamento? Ci sarebbero tanti altri colori ancora da usare e tanti tuoi dipinti da mostrare, come il tuo originale omaggio alle fancilulle italiane che mi ha accolta appena arrivata

L'Italiana

oppure le due graziose ragazze che leggono

Due ragazze che leggono

lo so, lo so che ci sarebbe ancora tanto altro da mostrare, ma lo spazio è finito e qualcosa la tengo solo per me...