18 giugno 2012

certe sere in cui i fiori si arrabbiano e le pietre pensano



Cane che abbaia alla luna, Mirò


Qualche volta penso che basterebbero una scala piena di fiori e una sera d’estate. Una di quelle che tarda ad arrivare, come i due che son seduti sulle scale. Si son ritrovati lì perché i loro pensieri erano stanchi di passeggiare. Si son fermati un attimo e seduti a prender fiato, ma solo per averne abbastanza per ripartire. Ché si sa che quando ti trovi seduto su una scala, in una sera d’estate, c’è sempre qualcosa che parte, si ferma o riparte. Solo che noi… No, noi una sera d’estate proprio non ce l’abbiamo e nemmeno una scala. Sai cosa significa? Che i nostri pensieri non si possono fermare a riposare. E non possono nemmeno sperare di partire o ripartire. Che poi io mi sono sempre chiesta chi abbia avuto l’idea geniale di metterle lì quelle scale che arrivano sempre al momento giusto. Quando sei stanco o le gambe ti tremano abbastanza da non riuscire a fare un passo. No che il freddo non c’entra niente, siamo in estate. Tremano perché sanno che hanno una gran voglia di partire, tremano perché hanno paura di doversi fermare, tremano perché sperano che, nonostante la stanchezza, possano ripartire. Guarda quei due, hanno la loro scala, anche le gambe che tremano e gli occhi inzuppati d’attesa. Lei si siede, lascia scivolare le braccia, le mani si ritrovano e si fanno compagnia stringendosi, fa finta di guardare i fiori che penzolano dalla ringhiera. I fiori se la prendono perché lo sanno che lei li sta guardando solo perché non riesce a guardare lui. Lui esita un po’ prima di sedersi, dà un calcio a una pietra ai piedi del primo gradino. La pietra lancia un'occhiata complice ai fiori e s’infastidisce un po’: “Siamo alle solite”, deve pensare. Le pietre pensano? Non saprei, ma se i fiori si arrabbiano perché le pietre non dovrebbero pensare? Shhh… ci siamo, anche lui si è seduto, le gambe dei due si sfiorano e ritraggono immediatamente per lasciarsi andare, poi. Poi? Lo so che vuoi sapere cos’accadrà ché ormai lo sai anche tu che quando ti trovi seduto su una scala, in una sera d’estate, c’è sempre qualcosa che parte, si ferma o riparte. Ma noi dobbiamo continuare a passeggiare, ricordi? Noi una sera d’estate proprio non ce l’abbiamo e nemmeno una scala. Sai cosa significa? Io non lo so se lo so, quello che so è che non vedo nessuna scala né fiori arrabbiati o pietre pensierose e non ci sono nemmeno gli occhi inzuppati d’attesa. Dici che conosco già tutte le risposte? Dico che tu parli troppo e che le scale possono saltar fuori come funghi, facendo attenzione alle allucinazioni.



12 giugno 2012

Come le mongolfiere


Le mongolfiere di Crono, Franco Curvo



C’era un cielo, c’è ancora e ci sarà.
C’erano tante storie, ci sono ancora e ce ne saranno.
C’era un guardiano del cielo che strizzava l’occhio alle storie, anche lui c’era, c’è e ci sarà; come il cielo e le storie.
Come le mongolfiere.

Per tutte le volte che, in punta di dita, hai provato a disegnare. Per tutti quei disegni che puoi solo immaginare. Per ogni volta che le dita non riescono a sfumare. Aspetta il cielo giusto e sappilo ascoltare, aspetta la tua traccia e non lasciarla andare.

Segui la traccia, ma seguila piano.
Seguila al ritmo di un tempo lontano.
Lascia che il cielo che vedi lassù.
Ti dia quei colori che non trovi più.

Per tutte le volte, che in soffio di vita, hai pensato che fosse finita. Per tutti quegli attimi che ti hanno sorpresa. Per quelle storie che ti hanno cercata e anche solo per una che ne hai raccontata. Aspetta il soffio giusto e lasciati guidare, ascolta gli occhi del guardiano delle storie, lui non può mentire.

E il cielo è ancora lì, come le storie, come i guardiano che strizza l’occhio alle storie.
Come le mongolfiere.