Complicità, Luca Borelli
La stanza è piccola, sulle pareti color ocra qualche tela senza cornice. Un balcone, impercettibilmente socchiuso, lascia passare il profumo di una giornata di settembre che non vuole lasciar andare gli ultimi respiri d’estate. Pochi mobili, lo stretto necessario per tenere tutto in ordine. Un appendiabiti azzurro con un cappello rosso costantemente appoggiato sul suo punto più alto. Fotografie ovunque, un lungo mobile basso di colore blu su cui sono adagiati piccoli soprammobili dalle strane figure colorate. Una libreria gialla fatta di mensole sparse qua e là sulla parete, pile di libri e giornali sistemate in vari punti della stanza. Una poltrona rossa che guarda aldilà del balcone e, al centro, un tavolo ovale turchese contornato da sedie colorate.
In quella
stanza, una figura armoniosa si fa spazio tra le ultime luci del giorno che
filtrano dalla fessura che impedisce alle tende d’essere tutt’uno.
Elisa ha
occhi grandi e verdi, d’un “verde originale”, come lo definisce lei. Sono così
grandi che non di rado qualcuno, nell’incontrarli, si perde, qualcuno si sta
ancora cercando, qualche altro, ha smesso di provarci. La stanza l’ha arredata
lei, ama i dettagli e lascia le tele senza cornice perché dice che così i
colori son liberi d’andarsene quando vogliono.
I colori,
però, non hanno alcuna intenzione di privarsi di quel verde così originale che
li guarda tutti i giorni, restano lì. Come Sario.
“Sario” che
strano nome, la prima volta che si sono incontrati, Elisa credeva la stesse
prendendo in giro: ”Sario? Tu ti chiameresti così? Dai, dimmi il tuo vero
nome!” gli aveva detto non riuscendo a trattenere un sorriso. Il sorriso era
arrivato dopo un bel tonfo e qualche innocente imprecazione ai danni dell’ignaro
Sario che, come unica colpa, aveva quella d’aver percorso la strada che “solo
lei sapeva”.
Quel giorno
Elisa era felice, dopo anni di studi, sacrifici, sperimentazioni e amare
delusioni, aveva ricevuto la telefonata della sua vita. La più famosa galleria
d’arte della città era disposta a concederle dello spazio per una mostra
fotografica nell’ambito di una rassegna, dedicata alle giovani promesse della
fotografia, che si svolgeva annualmente e che rappresentava un’ottima occasione
per gli artisti che vi prendevano parte.
Erano anni
che tentava di partecipare a quella manifestazione, anche quest’anno per
pochissimo non ce l’aveva fatta, ma stavolta la fortuna le aveva strizzato
l’occhio. L’ultimo classificato aveva dovuto rinunciare e, di diritto, il posto
vacante spettava a lei.
“Devo
festeggiare! Ok, la famiglia è lontana, mia sorella a Londra per promuovere il
suo nuovo libro, i miei amici in vacanza, ma devo, devo assolutamente
festeggiare! Vorrà dire che cucinerò una bella spigola all’acqua pazza e
l’accompagnerò con un delizioso chardonnay!”. Tutto questo, Elisa, l’aveva
pensato ad alta voce, infilando lo spolverino in tutta fretta e correndo verso la porta per
lasciarsela alle spalle in un lampo.
Aveva
comprato tutto il necessario e anche di più: delle piccole decorazioni per la
tavola, candele azzurre profumate e un bel mazzo di girasoli. Si era dedicata
con cura anche alla scelta degli elementi protagonisti della sua cena, la
spigola era freschissima e non aveva badato a spese per il vino acquistandolo
nella migliore enoteca della città. Ma lei sul vino aveva un suo pensiero, non
faceva altro che ripeterlo in tutte le occasioni che richiedevano che il pasto
fosse speciale: “Il vino non è che quel pizzico di poesia che trasforma un
pasto qualunque in un’esperienza indimenticabile”.
Non le
restava che tornare a casa e mettersi all’opera e, siccome non vedeva l’ora di
incominciare, non aveva avuto dubbi nel decidere di prendere quella che lei
definiva: “la scorciatoia che solo io so”. Non aveva fatto i conti con il fatto
che quel “solo io so” fosse soltanto una sua opinione e che c’era qualcun altro
che amava attraversare quella stradina.
Quella sua
convinzione, Elisa l’aveva maturata naturalmente. Da quando si era trasferita
nella sua nuova casa, per mesi aveva percorso quella stradina senza incontrare
mai nessuno, le piaceva pensare a quel luogo come una sorta di sua proprietà senza
sapere che di lì a poco avrebbe scoperto che c’era qualcun altro che aveva maturato
la sua stessa convinzione.
Quella scoperta
la sentì prima di tutti il suo fondoschiena.
Elisa, infatti, presa dall’impazienza di iniziare il piccolo rito per la
preparazione della sua cena di festeggiamento, aveva trasformato la sua
andatura veloce, quasi in una corsa.
Era così
immersa nei suoi pensieri che proprio non aveva fatto caso al passante che,
altrettanto distratto, le stava venendo incontro.
Il risultato
non poteva essere che un bel capitombolo per entrambi.
In un lampo,
quel piccolo e stretto rivo di terra che si apriva discretamente in un
insospettabile punto della città, si era trasformato in un curioso collage di
fotografie sparse qua e là intervallate da candele, spigola, frammenti di vetro
e girasoli; a guardarlo bene, quasi avrebbero potuto esporlo come opera d’arte
contemporanea e fare concorrenza ad artisti quotati.
Elisa e
Sario giacevano a terra doloranti, erano così presi dalla valutazione del danno
che non s’erano accorti l’uno dell’altra.
“No! Le mie
foto sono innaffiate di vino ed emanano odore di pesce, sono inservibili …”,
aveva esclamato Sario in preda al più grande sconforto.
“La mia cena
di festeggiamento è defunta, non devo neppure comprare i fiori per la cerimonia
funebre, già ci sono girasoli e anche le candele”, aveva detto Elisa, che aveva
il dono di ironizzare anche nelle situazioni più assurde.
In
quell’istante, il suono delle reciproche voci, aveva fatto capire ai due di non
essere soli.
Sario,
all’udire le parole di Elisa, non era riuscito a trattenere una risata ed Elisa
non tardò a chiedere ragione di quella sfrontata ilarità: “Cos’hai da ridere
tu? Hai visto cosa hai combinato? E poi, chi ti ha dato il permesso di passare
dalla MIA scorciatoia?”.
Sario aveva
smesso di ridere e guardava Elisa senza riuscire a giustificarsi per quella
ridicola accusa, l’unica cosa che era riuscito a biascicare era stata:
“Veramente io…ecco, non sapevo, non potevo immaginare, però… mi scuso”.
Stavolta a
ridere era Elisa che senza pensarci troppo, quasi dimenticando il tonfo e presa
dalla curiosità per quel ragazzo tutto occhi incorniciati da una montatura
troppo grande per quel viso interdetto, non aveva perso tempo a dirne una delle
sue: “Dovresti buttare via la cornice”.
Sario non
aveva fatto in tempo a riprendersi da quegli occhi di quel verde così originale
che già si era nuovamente perso in quella curiosa domanda: “Cornice? Quale
cornice?”, aveva chiesto non riuscendo proprio a immaginare la risposta.
Elisa, aveva
assunto un’espressione seria, era pronta ad esporre la sua teoria: “Gli
occhiali incorniciano gli occhi. Io non amo le cornici, se fosse per me, non
dovrebbero esistere. La cornice definisce, imprigiona un po’ come con le tele.
Io non la uso mai, così i colori sono liberi d’andar via e sai una cosa?
Restano sempre!”.
Quella
teoria tanto strampalata, era apparsa agli occhi di Sario così creativa e
deliziosa che non aveva proprio provato a contraddirla, anzi, non aveva esitato
a esclamare: ”Come non averci mai pensato!”.
L’accoglimento
entusiasta di Sario della “teoria delle cornici” aveva definitivamente fatto dimenticare
a Elisa il capitombolo e anche quella cornice per gli occhi che proprio non le
piaceva.
Guardandosi
intorno aveva notato le foto sparse e, senza rendersene conto, le stava
raccogliendo tutte sfogliandole ammirata.
“Sei bravo,
mi piace il modo in cui vedi le cose. Questo viso, ad esempio, è apparentemente
sognante, ma gli occhi rivelano malinconia e tu sei riuscito a catturarla. Come
ti chiami?”.
Quel “Come
ti chiami?” le era venuto fuori così, naturalmente e ancor più naturale e
immediata sarebbe stata la risposta di Sario: “Mi chiamo Sario”.
”Sario? Tu
ti chiameresti così? Dai, dimmi il tuo vero nome!” aveva esclamato Elisa
sorridendo.
“Sì, proprio
Sario. Dove andavi così di corsa? A giudicare dai superstiti, la tua cena
sarebbe stata deliziosa”, aveva detto Sario senza badare troppo all’incredulità
di Elisa sull’autenticità del suo nome.
“Ho appena
saputo che potrò esporre le mie opere alla galleria del centro nell’ambito
della manifestazione per le giovani promesse della fotografia. Avevo pensato
che sarebbe stato bello festeggiare, ma sembra che tutti i miei cari si siano
messi d’accordo per lasciarmi sola. Così, ho deciso di cucinare una cena con i
fiocchi che avrei sublimato con un delizioso chardonnay, ma, adesso è andato
tutto perso e tutto perché tu hai violato la “mia scorciatoia”. Come pensi di
farti perdonare?”. Senza neppure rendersene conto, Elisa aveva reso
quell’improbabile scontro un incontro destinato ad avere un seguito.
Sario non
aveva alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione di rivederla e non aveva
perso tempo a risponderle: “Potrei sempre pensare al dolce, che ne dici di una
torta caprese accompagnata da un buonissimo vino aromatizzato alle mandorle? Sai,
il momento del dolce per me è sacro e non può non essere sottolineato con un
buon vino liquoroso. Ho sempre pensato che sia la perfetta sintesi tra cibo e
vino che rende un pasto qualsiasi, un’esperienza indimenticabile “.
Elisa non
riusciva a credere alle sue orecchie, il ladro della “sua scorciatoia” le stava
rubando anche uno dei suoi pensieri preferiti. Quel furto sembrava non
dispiacerle, al contrario, le piaceva l’idea che qualcuno avrebbe festeggiato
con lei e le piaceva anche che quel qualcuno fosse proprio Sario.
Quel tipino
smilzo, con gli occhi incorniciati, con quel suo originale gusto nel vestire,
con il suo modo speciale di catturare istanti in bianco e nero e la battuta
pronta, la incuriosiva sempre più.
Elisa non
aveva avuto difficoltà nel rispondere: “Va bene, vada per la tua magica
esperienza enogastronomica, ne approfitterai per raccontarmi delle tue foto.
Sei davvero bravo, potresti esporre anche tu e se avessi fatto già domanda
d’ammissione e non ti avessero accettato sarebbero dei pazzi. Se ci pensi, una
foto non è racchiusa che in un semplice click, ma è quando quel click riesce a
produrre un suono speciale che una semplice fotografia diventa musica. Ti
aspetto alle ventuno, sii puntuale e, mi raccomando, io vado nuovamente a fare
la spesa, al mio ritorno non voglio più trovarti qui nella “mia scorciatoia” ad
intralciare i piani per la mia, anzi nostra cena”.
Sario non
aveva alcuna intenzione di intralciare non solo la piccola corsa all’acquisto
di Elisa, ma neppure quel flusso di pensieri originali che pareva non aver
fine. La teoria di Elisa sulla fotografia come musica lo aveva meravigliato,
era così spontanea e sintetizzava così bene un aspetto dell’opera d’arte che
non aveva proprio intenzione di contraddirla.
Tutta quella
vivace creatività, per un artista come lui, non poteva che essere continuo motivo
di gioia.
Elisa non lo
sapeva, ma a quella manifestazione avrebbero partecipato insieme, anche Sario
aveva realizzato il suo sogno e, anche lui avrebbe voluto festeggiare in modo
speciale.
Il destino
li aveva fatti scontrare, l’arte li avrebbe uniti e la vita li avrebbe visti
camminare l’uno a fianco all’altra.
Sario era
stato puntualissimo, la cena squisita e, quella sera, Elisa non festeggiò
soltanto l’ammissione alla manifestazione per le giovani promesse della fotografia,
ma anche l’inizio di quella che avrebbe sempre ricordato come la storia d’amore
più bella della sua vita.
Elisa
sistema le ultime cose, i girasoli sono al centro della tavola ben
apparecchiata, dalla cucina un profumo buonissimo irrompe discretamente anche
nella sala da pranzo. Guarda l’orologio, accende le candele e il suo sguardo si
posa su una fotografia. Sorride. Un suono la riporta alla realtà: è il
campanello. Toglie frettolosamente il grembiule, passa una mano tra i capelli
per sistemarli e corre ad aprire.
“La caprese
e il vino alle mandorle, lo sai che il momento del dolce per me è sacro” Sario
esordisce così ed Elisa lo bacia affondando nel suo forte abbraccio.
Sono
trascorsi dieci anni da quella prima, improvvisa, cena. Elisa e Sario non sono
più delle promesse della fotografia, ma delle solide conferme del panorama
artistico. Girano il mondo cercando di regalare emozioni con i loro scatti,
cercando, come dice Elisa: “di trasformare un click in un suono speciale”, ma qualsiasi
cosa succeda, ogni anno, per quella sera che ricorda il loro primo incontro,
sono lì in quella piccola stanza dalle pareti ocra che ha visto nascere e
crescere il loro sentimento d’amore.
Il menù è sempre lo stesso:
Il menù è sempre lo stesso:
Spigola
all’acqua pazza e chardonnay, per far contenta lei
Torta
caprese e vino aromatizzato alle mandorle, per deliziare lui
Il tutto
condito con la magia che solo un grande amore può dare.
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