Abbraccio, Matisse
Questa è una di quelle sere in
cui i pensieri si affollano su quel pianerottolo che non ho, ma, nonostante
ciò, è sempre pieno. Sono riuscita a ritagliare un piccolo fazzoletto in cui
avvolgermi, tra un respiro e l’altro. Nessuno dovrebbe vedermi, qualcuno non
dovrebbe trovarmi. Se adesso avessi una bacchetta magica, la agiterei in aria,
facendo finta di sapere esattamente cosa stia facendo, direi con molta
convinzione un’esattissima formula magica inventata su due piedi, chiuderei gli
occhi e sparirei. Così, in un Puf! neanche
troppo pensato, senza portare via niente se non i miei occhi. Li porterei
lontano e sono sicura che, via da tutto quello che non vogliono vedere,
finalmente, riuscirebbero a meravigliarsi ancora, a spalancarsi senza pensare
se è giusto o sbagliato che tutta quella bellezza li invada e corra giù, a gran
velocità, verso il cuore, facendone una vela. E ci sarebbe il vento a
scompigliare tutto perché nei posti meravigliosi c’è sempre il vento che muove
ogni cosa sconvolgendo qualsiasi ordine prestabilito, beffandosi di questo o
quel piano. Arriva, spettina i capelli, alza le sottane, capovolge i vasi,
vuota tutto quello che c’è da vuotare, senza timore o timidezza. Va via, nello
stesso modo in cui è arrivato. In un Puf!
nemmeno troppo pensato. Nello stesso modo in cui vorrei scomparire io, senza
lasciare niente a questo istante, se non una gran confusione tra i capelli e un
brivido sottile da non dimenticare.
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