Sarolta Bán
Perché scrivo?
Perché
altrimenti mi mancherebbe l’aria –
e soffocherei di noia per questa risposta, degna del miglior best seller da
Autogrill. Io voglio finire in Autogrill? No, morirei di fame in Autogrill.
Prima che per soffocamento da noia, indotto da tristi risposte, morirei per
suicidio da cibo d’altri tempi ché non me la danno a bere: negli
Autogrill esistono ancora i pani e i pesci moltiplicati da qualcuno, sempre gli stessi.
Quel qualcuno lì, quella volta, ha proprio esagerato.
Perché scrivo?
Perché
sì! – Ma
sì, diretta, senza troppi fronzoli. Dritta al punto, così dritta, da rimanerci
inchiodata in quel punto. Succede così, basta dire sì e sei fregata. Tutti ti
identificano come quella che
dice sì, quindi: chiamiamo lei per cucinare alla festa, chiamiamo lei per
farle sciroppare tutto il filmino del viaggio di nozze, chiamiamo lei quando
non ci va di andare fare la spesa, insomma, chiamiamo lei per tutto il tedio
che ci scappa di elargire e che il mondo deve sopportare. Se il mondo non può:
chiamiamo lei! No! Proprio no! Perché
sì! Non va bene.
Perché scrivo?
Per
comunicare l’incomunicabile che si cela, silenzioso, nella parte più recondita
del mio essere e che, la sola forma, non riesce ad estrinsecare – La filosofia colpisce. Sempre. Il più
delle volte come un macigno in testa. La pseudofilosofia anche di più. Come un
diretto sui denti. Non posso permettermi il dentista per me, figuriamoci per le
vittime del mio inconsapevole diretto filosofico sui denti. Desisto.
Perché scrivo?
La verità
è che questa è una delle domande più difficili a cui rispondere perché io non
sono una di quelle che: scrivo
da quando sono riuscita a tenere una penna in mano. No, io
per tantissimi anni ho avuto pudore per la scrittura. Tranne qualche, ormai – ringraziamo tutti il
Signore –
trapassato, componimento poetico dedicato all'amabile – ormai che sa di tappo – tizio della quarta C, io non riuscivo
proprio a vincerlo tutto quel pudore. Per tanti anni ho cercato qualcosa che mi
aiutasse a comunicare ciò che pensavo di possedere, ma che non sapevo
riconoscere e condividere – non
temete, non è pseudofilosofia, solo osservazioni di vita – tentando con la musica, il disegno, la
poesia. Niente di tutto ciò ha mai rappresentato il mio pieno; poi ho iniziato a scrivere e mi sono trovata
bene. Mi sono trovata.
[Dite che sarebbe stato meglio glissare sulla domanda? ]
Capisco il disagio di quelli che scrivono cavolate radiofoniche! Troppo articolata 'sta risposta! Semplificare, ridurre, cancellare, e allora il Niente sarà santificato. :D
RispondiEliminaLa prossima volta risponderò: "scrivo perché sì" :D
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